Roma – Il regolamento di Dublino sul riconoscimento del diritto di asilo “di fatto è saltato”. Il ministro degli Interni, Angelino Alfano, lo spiega in audizione davanti al Comitato Schengen. “Il superamento del principio base non è ancora divenuto un fatto giuridico come auspicavamo”, riconosce, ma le ultime decisioni prese dal Consiglio europeo sulle politiche comuni per l’immigrazione segnano “un cambio di registro”, anche se “persistono le posizioni egoistiche di alcuni Paesi, che guardano al problema in un’ottica asfittica e quasi esclusivamente nazionale”.
Il ministro rivendica il ruolo chiave dell’Italia nell’aver ottenuto, in sede Ue, l’adozione di “una strategia complessiva” basata su “tre pilatri” che “stanno insieme o cadono insieme: relocation, hotspots e rimpatri europei”. Sono tutti importanti e vanno tenuti insieme, per il capo del Viminale, ma l’ultimo punto è quello “centrale” perché, spiega, “man mano che oltre alle guerre si alimenterà il flusso di disperati, di migranti che scappano non dalla guerra ma dalla fame, il sistema dei rimpatri deve funzionare altrimenti il meccanismo potrà collassare in Italia e in tutta Europa”.
Per questo il nostro Paese ha richiesto che il compito di rimandare indietro chi non ha diritto all’asilo vanga assunto dall’Europa, che “deve farsi carico dell’intero procedimento”, dalla “responsabilità finanziaria a quella politica e giuridica”. La convinzione di Alfano è che l’Ue nel suo complesso sia “più forte” anche per trattare con i Paesi di origine dei migranti, facendo valere il “principio di condizionalità” degli aiuti alla cooperazione internazionale. Una voce per la quale l’Unione “investe tanto”, e dunque deve prevedere che il sostegno economico sia legato alla disponibilità dei Paesi terzi “a non far partire o a riaccogliere chi è partito dai loro territori”.
Sulla ricollocazione dei rifugiati, il ministro ricorda che le attività “iniziaranno congiuntamente all’attivazione degli hotspot”, i centri dove chi ha titolo per richiedere l’asilo verrà separato dal resto dei migranti. Dall’Italia partiranno circa 40 mila richiedenti protezione internazionale, quelli sbarcati “dal 16 settembre scorso al 17 settembre 2017”, precisa il ministro, ai quali si aggiungeranno “quelli arrivati dal 15 agosto al 16 settembre 2015, a condizione che abbiano già presentato la domanda per lo status di rifugiato”.
Le cifre degli arrivi sulle nostre coste sono in calo. Dall’inizio dell’anno, secondo i dati del Viminale, si contano 130.577 migranti per 864 sbarchi. Si tratta di natanti giunti “quasi esclusivamente dalla Libia”, sottolinea il ministro, che parla di circa 8 mila persone in meno rispetto allo stesso periodo del 2014. Ad aumentare, in maniera impressionante, sono le richieste di protezione internazionale. Fino al 25 settembre sono state presentate 42.801 domande, con un aumento del 74% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, “e ci aspettiamo risultati ancora più significativi – aggiunge il titolare degli Interni – considerato che le neo istituite commissioni e sezioni territoriali stanno operando solo ora a pieno ritmo”. Il 51% delle richieste è stato respinto, il 5% ha ottenuto il riconosciuto dello status di rifugiato, il 16% quello di protezione sussidiaria e per il 24% gli atti sono stati trasmessi al questore per il rilascio di un permesso umanitario.