Bruxelles – L’Italia non ha ancora fatto uso della nuova clausola di salvaguardia che permette di escludere parzialmente o interamente il territorio nazionale dal campo di applicazione delle autorizzazioni Ue per la coltivazione di Ogm, ma secondo fonti diplomatiche italiane a Bruxelles “stanno per partire le lettere” con la richiesta. L’opportunità di dichiarare il proprio Paese o le proprie regioni esenti da Ogm (“Gmo-free”), immediatamente e con il possibile accordo delle società produttrici delle piante transgeniche, scade il 3 ottobre per quanto riguarda le quattro varietà di mais geneticamente modificato già approvate per la coltivazione nell’Ue (Monsanto MON810, Pioneer TC1507, e Syngenta GA21 e Bt11).
Fino a ieri, 11 Stati membri avevano richiesto l’esenzione del proprio territorio, o di alcune sue parti, dal campo di applicazione di questi quattro Ogm fin qui autorizzati alla coltivazione nell’Ue, più altri quattro che sono in attesa della valutazione di rischio da parte dell’Efsa (l’Autorità Ue di sicurezza alimentare). I primi due paesi che hanno fatto la richiesta, Lettonia e Grecia, hano già ottenuto l’accordo, esplicito o tacito (basato sul silenzio-assenso) dei produttori (Monsanto, Syngenta, Pioneer e Dow). Altri tre paesi, Francia, Croazia e Austria, sono in attesa, dopo che la loro richiesta è stata presentata a Bruxelles e trasmessa alle società biotech.
Nell’ultima settimana si sono aggiunti al gruppo Ungheria, Olanda, Belgio (per la sola Vallonia), Polonia e Lituania.
Infine, nelle ultime ore è arrivato anche il Regno Unito, lo Stato membro più pro-Ogm dei Ventotto. Il governo di Londra ha dovuto, “obtorto collo”, trasmettere a Bruxelles le richieste della Scozia, del Galles e dell’Irlanda del Nord di mantenere il proprio territorio “Gmo-free”.
Successivamente al 3 ottobre, gli Stati membri “ritardatari” potranno ancora ricorrere alla nuova clausola di salvaguardia (prevista dalla direttiva Ue 2015/412 che è entrata in vigore quest’anno), ma dovranno usare una seconda opzione, più complessa e meno diretta. In questo caso, infatti, bisognerà indicare una serie di motivazioni per il divieto di coltivazione, che andranno notificate alla Commissione europea (a cui spetta controllare che siano corrette) e che potrebbero essere contestate a livello internazionale nell’ambito della Wto. Le motivazioni potranno riguardare l’impatto socio-economico, l’esigenza di evitare “contaminazioni” in colture non Ogm e obiettivi di politica ambientale, agricola, di ordine pubblico, oppure di pianificazione urbana e territoriale, e di uso del suolo. Non potranno essere menzionati, invece, rischi per la sicurezza alimentare o per l’ambiente, per i quali tecnicamente è competente solo l’Efsa.
L’Italia ha fortemente sostenuto la nuova direttiva, e l’ha “portata a casa” durante la sua presidenza di turno del Consiglio Ue, l’anno scorso. A Bruxelles si aspettavano che fosse uno dei primi paesi a invocare la clausola di salvaguardia, vista anche la forte opposizione agli Ogm nell’opinione pubblica nazionale.
Lorenzo Consoli per Askanews