Roma – Arrivare all’approvazione della riforma costituzionale in discussione al Senato non sarà “una passeggiata di salute”. Lo riconosce lo stesso ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, conscia degli ostacoli che una opposizione agguerrita userà per far naufragare il disegno di legge, a partire dai circa 76 milioni di emendamenti presentati dal senatore leghista Roberto Calderoli. Una mole tale che per smaltirla ci vorrebbero “70 anni”, spiega Boschi, ammesso che i senatori “fossero precettati da mattina a sera, senza mangiare né dormire”.
Di fronte al rischio che si blocchi l’intera attività parlamentare, si cercano dunque soluzioni. La prima, più semplice, è che l’esponente del Carroccio e vice presidente del Senato ritiri gli emendamenti presentati. Un’ipotesi che tuttavia rimane remota. Al di là della ‘gentile concessione’ di rinunciare a circa 9 milioni di proposte emendative – erano inizialmente 85 milioni quelle sfornate dalla ‘Calderoli machine’, l’algoritmo che lo stesso esponente leghista ha confessato di aver usato – manca un accordo con la maggioranza che faccia desistere il senatore dal proseguire nell’ostruzionismo.
Un’altra soluzione praticabile è quella del cosiddetto ‘canguro’, un meccanismo previsto dal regolamento del Senato, che all’articolo 102 attribuisce al presidente, Pietro Grasso, la “facoltà di modificare l’ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell’economia o della chiarezza delle votazioni stesse”. In altre parole, può decidere di ‘saltare’ una serie di emendamenti accorpandoli. È una soluzione già utilizzata in altre occasioni, ma mai con una cifra così impressionante di emendamenti. Il rischio è che anche usando il canguro rimanga in piedi un numero eccessivo di proposte da votare.
La terza soluzione, che pare la più probabile, è la strada dell’inammissibilità su cui è chiamato a decidere il presidente Grasso. Secondo fonti di stampa, i tecnici di Palazzo Madama – quelli che devono ordinare e classificare gli emendamenti – stimano in un massimo di 300 le proposte leghiste che resteranno in piedi. A cadere saranno quelle non controfirmate e generate dall’algoritmo di Calderoli.
Lo stesso senatore aveva spiegato il funzionamento della sua “macchina”: basta inserire un emendamento e la formula matematica restituisce un numero praticamente infinito di varianti, dove a cambiare è un verbo, un aggettivo, un articolo. Ebbene, a essere ritenuti ammissibili sarebbero dunque gli emendamenti originari dai quali l’algoritmo ha tratto le diverse varianti, e la stima è appunto di circa 300.
In questo modo, oltre ai 1.200 emendamenti presentati in totale sugli articoli 1 e 2 della riforma – quelli di Calderoli sono solo 25, dopo il ritiro dei 9 milioni cui si è accennato – ne rimarrebbero circa 1.800 sul resto del testo. Tremila emendamenti in tutto, dunque, da esaminare e votare entro il 13 ottobre, data in cui è prevista la votazione finale della riforma, come stabilito dalla Conferenza dei capigruppo.
Bisognerà attendere meno di 24 ore per sapere quale sarà la strada che Grasso intende percorrere. Ciò che è certo, infatti, – oltre alla determinazione del presidente del Senato a non consentire la paralisi di un ramo del Parlamento – è che domani alle 11,00 avrà inizio l’illustrazione degli emendamenti e la votazione avrà inizio mercoledì 30 settembre e terminerà con il voto finale di martedì 13 ottobre.