di Gustavo Piga
Da quando il governo Renzi si è insediato sono quattro i documenti di Economia e Finanza che ha presentato (due DEF, aggiornati ambedue durante l’anno a settembre): quattro progetti per come gestire le finanze pubbliche nel quadriennio 2015-2018. Progetti che ci aiutano a rispondere ad una domanda chiave: come è cambiato al riguardo Renzi in questi due anni?
La tabella sotto lo illustra molto bene.
In un certo senso non è mai cambiato: ha sempre promesso all’Europa e soprattutto ad imprese e famiglie italiane che avrebbe ridotto il deficit in 4 anni in percentuale del PIL di circa il 2-2,5 per cento di PIL: 40 miliardi circa con 3 manovre restrittive ed austere. Difficile far ripartire l’economia italiana in questo modo.
Ma quello che più colpisce delle decisioni del governo è come, a parità di dimensione complessiva delle manovre nel quadriennio, è cresciuta nel tempo la quota di queste manovre che vengono affidate al 2017 e 2018. Dal 43 per cento di aprile 2014, l’aggiustamento che avverrà nel biennio 2017-2018 dichiarato nell’ultima nota d’aggiornamento è dell’89 per cento! Trovare 40 miliardi in due anni prima delle elezioni è una bella sfida, ce lo immaginiamo Renzi intento a farlo?
È duplice il caos che questa politica genera nelle aspettative degli operatori chiave dell’economia, come famiglie ed imprenditori. Prima di tutto, perdendo fiducia nella verità della programmazione economica, confusi, stentano a prendere decisioni coraggiose per il futuro, come quelle di cui avremmo bisogno per ripartire: consumare ed investire. Secondo, vedendo crescere la quota parte di austerità a venire nei prossimi anni, accrescono – invece di ridurre – il loro timore sul futuro.
Questo dicono i numeri: una politica economica gattopardesca relega l’Italia alla serie B europea.
Pubblicato sul blog dell’autore il 20 settembre 2015.