Bruxelles – La frattura che si era cercato in ogni modo di ricomporre alla fine si può solo accettare. E rendere palese con un voto che mette gli uni contro gli altri. Da una parte la grande maggioranza dei Paesi Ue, favorevoli ad un meccanismo per redistribuire 120mila rifugiati dai Paesi più colpiti verso gli altri, dall’altro il fronte del no all’accoglienza: Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania. In mezzo solo la Finlandia che ha preferito astenersi, mentre la Polonia, inizialmente nel gruppo di Visegrad che si opponeva alle quote, ha ceduto e detto sì.
Via libera quindi a 120mila ricollocamenti in due anni: 66mila quest’anno, 54 mila il prossimo. Per il momento, visto che l’Ungheria si è rifiutata di figurare tra gli Stati beneficiari del sistema, a goderne saranno solo Italia e Grecia. Al posto dei 54mila a cui l’Ungheria ha rinunciato (e che restano quindi nel Paese) si procederà in un secondo momento a una verifica: il Consiglio Ue deciderà se ricollocarli nuovamente da Italia e Grecia oppure da altri Paesi in cui si siano verificate particolari situazioni di necessità.
La decisione di oggi mette nero su bianco cifre precise di migranti di cui ogni Paese dovrà farsi carico. Cifre vincolanti (anche se la parola nel testo non figura) per chi ha votato contro come per chi ha voltato a favore. Unica possibilità di deroga, per Paesi che si trovino in circostanze eccezionali, sarà quella di chiedere un rinvio che consenta di ritardare per massimo un anno fino al 30% dei migranti. Scomparsa invece dal testo finale l’altra possibilità su cui si era riflettuto e cioè quella di una compensazione economica.
Bene la decisione di oggi, “l’unica nota amara è che questo risultato arriva dopo due anni”, lamenta il ministro dell’Interno, Angelino Alfano lasciando la riunione. “Il 3 ottobre – ricorda – ricorre il secondo anniversario della strage di Lampedusa. Due anni fa dicevamo che era impossibile che i profughi potessero attraversare solo il mar Mediterraneo” e che il problema immigrazione fosse solo italiano. “L’Europa doveva prevenire la situazione” che sta fronteggiando in queste settimane. Comunque la decisione di oggi “è una grande violazione dei principi di Dublino” e questo “è importante per noi”, fa notare Alfano. Insomma, dice, “abbiamo ottenuto quello che volevamo”, anche perché “le regole sono vincolanti per tutti”. Secondo il ministro dell’Interno, oltre ai 15.600 su cui si è deciso oggi, l’Italia potrà beneficiare anche di una parte dei 54mila ricollocamenti a cui l’Ungheria ha rinunciato. In mancanza di altre situazioni di emergenza la ripartizione “avverrà tra Italia e Grecia secondo le stesse proporzioni degli accordi presi in precedenza”, spiega.
“C’è stato un accordo a maggioranza molto ampia”, sottolinea il ministro degli Esteri e degli Affari europei del Lussemburgo, Jean Asselborn che ha negoziato fino all’ultimo a nome della presidenza di turno cercando un accordo unanime: “Avremmo preferito un’adozione per consenso – ammette – ma non è stato possibile”. Alcuni, anticipa, “oggi diranno che l’Europa è divisa ma siamo in una situazione d’urgenza e oggi bisognava adottare questo testo giuridico, senza cui l’Europa sarebbe stata ancora più divisa e indebolita nella sua credibilità”. Asselborn si dice anche sicuro che tutti, anche chi ha votato contro la decisione, la metterà comunque in atto. Ai Paesi del fronte del no non risparmia comunque dure critiche. “In questi Paesi – dice dopo avere passato la giornata di ieri in riunioni con il gruppo di Visegrad – c’è la percezione che quello che è proposto da Bruxelles sia un diktat. Il ragionamento non è esatto perché qui ogni Stato ha il diritto di partecipare ad una decisione. Può essere che questo sia un aspetto della reticenza”. Ma soprattutto, attacca il lussemburghese, “nei Paesi dell’Est c’è la percezione che lo straniero, che chi ha un altro colore della pelle, un’altra religione o cultura è qualcosa che arriva per scomporre la società. Ma gli uomini politici – incalza – non possono tollerare questa concezione. Devono battersi ed è molto molto deludente vedere invece che il nemico numero uno quando ci sono elezioni nazionali è Bruxelles”.
Soddisfatta la Commissione Ue che definisce il via libera alla proposta avanzata da Jean-Claude Juncker una “decisione importante”. Ma il lavoro è lontano dall’essere finito: “I reinsediamenti sono parte di un approccio comprensivo”, sottolinea l’esecutivo comunitario, sottolineando di aspettarsi che ora “i ministri degli interni procedano sulle altre proposte fatte dalla Commissione come la lista di Paesi sicuri e un’ulteriore riforma del sistema di Dublino nel corso del prossimo consiglio Affari interni il prossimo 8 ottobre”. Da affrontare ci sono poi le cause profonde della crisi e l’instabilità nei Paesi vicini, tema su cui si concentrerà domani la riunione dei capi di Stato e di governo. Dai Paesi beneficiari, e cioè Italia e Grecia, la Commissione si aspetta poi una rapida messa in funzione dei centri per la registrazione dei migranti. “In Italia è tutto pronto” per dispiegare gli hotspot, spiega il commissario all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos, mentre “in Grecia si lavora per completarli”. Entrambi i Paesi, sottolinea, “dovranno provvedere un’adeguata accoglienza per i migranti”.