Roma – Rilanciare la domanda aggregata, portare avanti un programma di riforme strutturali, auspicabilmente in tutti i paesi Ue, e ricreare il clima di fiducia che è stato “distrutto” dalla crisi economica: sono questi i fattori chiave per far ripartire gli investimenti, e dunque la crescita, in Europa. Ne è convinto il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che lo ha spiegato aprendo il secondo giorno di dibattiti a ‘How can we govern Europe?’.
Sul fronte della domanda, uno dei “driver è in primo luogo la politica monetaria – argomenta il numero uno di Via XX Settembre – che contribuisce sia a sostenere la domanda che l’inflazione”. Poi c’è la politica fiscale. Il sistema di regole europee in materia determina l’esistenza di una “politica fiscale aggregata”, che in qualche modo restituisce una somma più o meno organica delle politiche fiscali nazionali, ma che si sta discutendo di “rafforzare, ad esempio attraverso un fiscal board” comune, “i cui contorni però ancora non si conoscono”.
Il capitolo riforme strutturali, ha proseguito il ministro, “riguarda cose molto diverse che, a vario titolo, sostengono gli investimenti”. Sarebbe “un baneficio per ogni Paese Ue se tutti adottassero un piano di riforme”, perché in un’area così interdipendente come l’Unione “avrebbero un effetto moltiplicatore”. Dunque, bene le clausole sulla flessibilità che “stanno operando nel senso di accelerare le riforme”. Sfruttare questo meccanismo, come l’Italia ha intenzione di continuare a fare nella prossima legge di stabilità, è “non soltanto giusto, ma anche utile” a far ripartire l’economia.
Infine, l’elemento della fiducia. “Uno dei danni più gravi della crisi partita nel 2007” è stato distruggerla, ha spiegato il titolare dell’Economia. “Senza fiducia – ha proseguito – le risorse” vengono catturate nella “trappola della liquidità” e non vengono investite. E’ dunque essenziale ricreare quel clima di fiducia al quale anche le riforme istituzionali, è il suo parere, possono contribuire.
E che l’assenza di fiducia rallenti la crescita lo pensa anche Stefano Scarpetta, direttore del settore Occupazione e affari sociali dell’Ocse, secondo il quale tutti i fattori che stanno favorendo la ripresa in Europa (Quantitative easing della Bce, basso prezzo del petrolio, rapporto euro/dollaro favorevole) “avrebbero dovuto avere un impatto maggiore”. Invece, secondo le stime dell’organizzazione “manca circa un punto percentuale al Pil” dell’Ue che ci si sarebbe attesi vista la compresenza dei fattori citati, e questo, secondo Scarpetta, è dovuto appunto alla mancanza di fiducia.
Cosa sta facendo e deve fare l’Europa per rispondere a queste esigenze? Intanto, dopo aver disinnescato la crisi Greca “che speriamo esserci lasciati definitivamente alle spalle”, indica Padoan, “è importante un irrobustimento” del sistema di governance della zona euro. Su questo, l’unione bancaria ha avuto un ruolo fondamentale, ma “è incompleta” perché “manca uno strumento di assicurazione sui depositi, che a mio avviso dovrebbe essere europeo”, sostiene il ministro.
Poi c’è da affrontare il problema delle sofferenze del sistema bancario – cosa su cui è in atto un confronto tra l’esecutivo italiano e la Commissione europea – perché cosi “si libererebbero risorse”, dice il ministro, che le banche potrebbero impiegare per finanziare le imprese e i consumi delle famiglie.
Un ruolo importante è poi attribuito da Padoan al Piano Juncker per gli investimenti, che prova a rispondere alla “insufficiente presa di rischio” da parte degli investitori, con un “intervento pubblico per colmare il gap tra il rischio che i privati si assumerebbero naturalmente e quello che serve per avviare investimenti a lungo termine.
“Il Piano Juncker non è solo risorse finanziarie” ha indicato Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei. “È anche altro – ha aggiunto – è incentivo alle riforme strutturali e assistenza tecnica” agli Stati membri per l’elaborazione di piani e l’esecuzione dei progetti di investimento in modo che siano coordinati in una strategia comune di cui possa beneficiare tutta l’Unione.
Altro elemento su cui si sta lavorando è la Capital market union, che deve servire a diversificare le fonti di finanziamento, soprattutto per le piccole e medie imprese, attualmente troppo dipendenti dal sistema bancario. È un processo già ben avviato negli Stati uniti, dove “il mercato di capitali è più ricco di strumenti”, ha spiegato Fabio Gallia, Ceo di Cassa depositi e prestiti, indicando che “è fondamentale per la nostra Unione europea” colmare questo gap.
A proposito di Stati uniti e della loro capacità di uscire dalla crisi ben prima dell’Europa, Padoan ha sintetizzato la sua spiegazione: “Di fornte a una crisi finanziaria loro hanno cercato di aggiustare il sistema finanziario”, mentre l’Ue è intervenuta “sul sistema della fiscalità”.