Roma – Quello del governo sulla banda ultra larga è un piano ambizioso ma l’Italia resta comunque indietro rispetto agli altri Paesi europei. È l’opinione di Franco Bassanini, presidente di Metroweb e consulente del Governo, intervenuto oggi a How Can We Govern Europe?, la due giorni sull’Europa organizzata a Roma da Eunews. Quello sulla banda ultra larga “è un piano molto ambizioso, alcuni dicono troppo”, sottolinea Bassanini, ma “bisogna prendere atto che negli altri Paesi si comincia a parlare di giga e non più di centinaia di mega”. L’Italia poi “ha un problema in più rispetto agli altri Paesi” a causa di una “sciagurata scelta legislativa” e cioè quella di “non avere reti di televisioni via cavo”. Il problema è che “mentre gli altri hanno trasferito alcune fasce di frequenze delle telecomunicazioni mobili che stanno scoppiando”, l’Italia non lo può fare.
Proprio da questo l’esigenza del governo di immaginare un piano molto consistente sulla banda ultralarga che prevede, ricorda il presidente di Metroweb, prevede che l’85% della popolazione venga coperta da almeno 100 mega. Un programma che “ora deve essere realizzato” superando i “soliti problemi italiani di execution, attuazione”. Gli attori del piano, fa notare Bassanini, “non sono ancora non del tutto chiaramente identificati anche se sta entrando in campo Enel che ha concepito l’idea che i gestori di rete elettrica possono entrare in campo, con una consistente riduzione dei costi.
In fatto di telecomunicazioni “il governo sta facendo bene”, sottolinea Roberto Viola, direttore generale della Dg comunicazione della Commissione europea: “Sul digitale – dice – il piano del governo è serio, innovativo, pieno di idee interessanti”. Certo, ammette Viola, “ci sono una serie di problemi tecnici ma possono senz’altro essere risolti con il dialogo a Bruxelles”. Le sfide che l’Italia deve affrontare “sono molto più acute rispetto a quelle dei Paesi che hanno la fortuna di avere il cavo”, fa notare anche il funzionario europeo. A livello europeo, ricorda Viola, gli sforzi in tema di telecomunicazioni sono ora rivolti al superamento del roaming a partire dal 2017 e del geoblocking (il blocco di alcuni servizi in un altro Stato membro), che sono ormai “assurdità antistoriche”.
Il problema dell’Italia è “la certezza del diritto”, fa notare Gabriele Piva, amministratore delegato di Teleperformance Italia, parte del gruppo leader mondiale nell’offerta di servizi di contact center. “Un investitore straniero – sottolinea – vede cambiare continuamente la regolazione e non sa come comportarsi”. Altro problema è il costo del lavoro: nel nostro settore, racconta Piva, il mercato è diviso tra operatori di customer care, assunti per legge, e operatori che chiamano per vendere serviizi, che sono ancora co.co.co. Questo, fa notare, “succede solo in Italia mentre negli altri Paesi il mercato è più flessibile e consente di averli tutti assunti”.
Secondo Stefano Firpo, direttore generale del Ministero dello Sviluppo economico inoltre in Italia “in passato la locazione dei capitali non è stata fatta in maniera ottimale, il credito è stato concesso a volte in maniera troppo facile, pensiamo ai tanti capannoni nel nord che oggi sono vuoti”. In Europa, invece, il nodo è che “serve investire di più e qualcuno – aggiunge Firpo – ha iniziato a capirlo ma bisogna investire meglio allocando in maniera corretta le risorse, facendo sì che industria e finanza comunichino meglio”.
“Fare impresa in Italia è più difficile che in tanti Paesi del mondo”, fa notare Daniele Vacchi, segretario generale di E.R.-AMIAT, secondo cui “per riuscire a riprendere una relazione diversa tra mercato e sistema imprenditoriale le nuove tecnologie sono importantissime perché assegnano un ruolo al cittadino”. In questo modo, continua Vacchi, “anche il consumatore diventa produttore per delega e questa nuova declinazione diventa la forza dell’Europa”: i dati, continua, “sono tutti a favore di questo concetto di sviluppo del sistema industriale europeo basato su nuovo rapporto tra industria e società”.