Bruxelles – La lotta dell’Unione Europea contro gli scafisti sale di livello e si passa alla “fase due”, quella della distruzione dei barconi degli scafisti se identificati in acque internazionali.
Lo ha deciso oggi il Consiglio europeo dopo alcune settimane di riflessione dopo la proposta lanciata a fine agosto dall’ammiraglio a capo della missione, l’Italiano Enrico Credendino. Informando gli ambasciatori europei sullo stato della missione, Credendino aveva sostenuto che le condizioni per il passaggio dalla fase uno, lanciata lo scorso primo luglio, alla fase più operativa ci sono. “Questa proposta è stata discussa anche con l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini”, aveva annunciato la sua portavoce, spiegando che anche “lei sostiene l’idea”.
Dunque oggi il Consiglio ha stabilito che “si sono realizzate le condizioni per passare alla fase due nelle acque internazionali per la missione EUNAVFOR MED”. La missione navale, spiega una nota del Consiglio, “ha raggiunto tutti gli obiettivi militari relativi alla fase uno, che prevedeva la raccolta e l’analisi di informazioni e un lavoro di intelligence”.
Dunque la missione passa da attività mirate a capire meglio il modello di business dei trafficanti, al loro contrasto vero e proprio, con l’intercettazione in acque internazionali e la distruzione delle carrette del mare utilizzate dagli scafisti. Questo passi in avanti è stato discusso anche al consiglio informale della Difesa di inizio settembre alla riunione informale dei ministri degli Esteri del 4 e 5 scorsi.
Ora c’è il via libera, ma fino a qualche giorno fa, diverse capitali erano reticenti ad entrare nel vivo delle operazioni contro gli scafisti senza una risoluzione delle Nazioni Unite. Le continue tragedie del mare hanno evidentemente cambiato le cose, convincendo i più dubbiosi dell’urgenza di accelerare un intervento.
Servirà invece sicuramente un mandato internazionale (o l’accordo delle autorità libiche molto difficile da ottenere vista la situazione politica del Paese) per passare alla fase tre, quella che prevede interventi anche nelle acque territoriali libiche ed eventualmente sulle coste del Paese per rendere inutilizzabili i barconi ancorati nei porti. Ma questo è un problema che si può rimandare di qualche mese.