Bruxelles – L’accordo di principio sulla ricollocazione di altri 120mila rifugiati da Italia, Grecia e Ungheria c’è, ma non è all’unanimità, e per questo dalla riunione del Consiglio Affari interni straordinario viene fuori solo una dichiarazione della presidenza di turno lussemburghese. La bozza di conclusioni a cui si era lavorato negli scorsi giorni non ha trovato il consenso di tutti. Il gruppo dei Paesi contrari al piano della Commissione (Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria), che comunque non ha i numeri per bloccare l’accordo, ha scelto la linea dura e nonostante diversi tentativi di mediazione andati avanti per tutto il pomeriggio non ha voluto dare il suo consenso al testo e insiste che il meccanismo non debba essere obbligatorio ma volontario.
“Abbiamo lavorato per fare trovare un accordo con tutti perché si tratta di una sfida eccezionale”, ha dichiarato al termine della riunione il ministro degli Affari Europei del Lussemburgo, Paese con la presidenza di turno dell’Ue, Jean Asselborn. Ma non è stato possibile. “Nell’Ue non si può avere sempre l’unanimità, ma il Consiglio può prendere quando vuole la decisione a maggioranza qualificata”, ha avvertito Asselborn che ha sottolineato più volte “l’ampia maggioranza” favorevole riscontrata nella riunione.
E così anche se è stata approvata formalmente la proposta di luglio per la ricollocazione volontaria di 40mila rifugiati da Grecia e Italia, “che diventerà operativa al più presto”, afferma Asselborn, per l’approvazione delle altre 120mila ricollocazioni si dovrà aspettare il Consiglio Giustizia e Affari Interni del prossimo 8 ottobre quando sembra crto che la decisione verrà presa, per consenso o a maggioranza.
Per quanto riguarda invece la lista dei Paesi di origine sicuri il Consiglio ha deciso di eliminare la Turchia, il cui inserimento nella lista aveva destato non pochi dubbi, visto anche l’acutizzarsi in atto dello scontro nel Paese con i curdi. Per la Commissione “si tratta di un primo passo verso la soluzione della crisi rifugiati, ma molto resta ancora da fare”.