Roma – I termini di prescrizione previsti in Italia per frodi gravi sull’Iva non devono essere applicati: è il contenuto di una sentenza della Corte di giustizia europea, cha ha giudicato incompatibile con il diritto comunitario il sistema che consente ai grandi evasori dell’Imposta sul valore aggiunto di rimanere impuniti se riescono a protrarre i tempi del processo. Una situazione che nel nostro Paese “non è inconsueta”, recita il pronunciamento dei giudici europei. E non a caso l’Italia è agli ultimi posti in Europa per la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto.
La decisione è stata presa nell’ambito di un ricorso del Tribunale di Cuneo a proposito di un procedimento contro un’associazione a delinquere che, grazie a società interposte e false documentazioni, avrebbe acquistato champagne senza pagare l’Iva. Alcuni dei reati, commessi tra il 2005 e il 2009, sono già prescritti, mentre gli altri faranno la stessa fine a febbraio 2018.
Vista la difficoltà delle indagini e la complessità del processo, secondo la Corte Ue, gli imputati “potranno beneficiare di una impunità di fatto, dovuta allo scadere del termine di prescrizione”. Ciò, secondo la sentenza, viola l’articolo 325 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Ue), che impone agli Stati membri di adottare misure dissuasive ed effettive contro i reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione, ma prevede anche che le stesse misure debbano essere prese anche per la tutela degli interessi finanziari nazionali, riscossione dell’Iva inclusa.
Per la Corte di Lussemburgo, dunque, “qualora il giudice italiano dovesse ravvisare una violazione dell’articolo 325, egli sarà allora tenuto a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione, disapplicando all’occorrenza le norme controverse sulla prescrizione”.