Bruxelles – Le prossime settimane, i prossimi giorni, sono “il momento della verità nella storia europea”. Non usa giri di parole il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, per spiegare quanto l’Europa si stia giocando sulla risposta all’emergenza immigrazione. Parlando dall’isola di Kos, in Grecia, “dove l’Europa è cominciata”, il braccio destro di Jean-Claude Juncker si augura che gli europei “non stiano dimenticando chi siamo”. “Possiamo vincere uniti o perdere ognuno per sé”, incalza Timmermans, chiarendo che “la crisi dei rifugiati è qui per restare per molto tempo e ogni singolo europeo ne fronteggerà i risultati”. Impossibile che sia diversamente perché “il mondo è un posto cattivo e non lontano da noi mentre qui abbiamo il paradiso”, sottolinea il membro dell’esecutivo Ue secondo cui “dobbiamo essere orgogliosi che i rifugiati vogliano venire da noi” ma “non possiamo lasciare che gli effetti negativi siano solo su alcuni Paesi”. Una tirata d’orecchie a chi “è ancora convinto di poter fare da solo”, come il premier ungherese Viktor Orban che ieri a Bruxelles non ha fatto nessuna marcia indietro sulla chiusura dei propri confini, ventilando addirittura la possibilità di costruire un nuovo muro tra Ungheria e Croazia (membro dell’Ue ma non dell’area Schengen).
L’Europa deve invece “affrontare le cose insieme, condividere i pesi”: in questo modo, assicura Timmermans, “si troverà una soluzione”. Per questo “la Commissione è molto impegnata e la settimana prossima farà proposte concrete sul ricollocamento”. Si sta parlando, ha confermato la portavoce dell’esecutivo comunitario, Natasha Bertaud, di altri 120 mila rifugiati oltre ai 40 mila su cui già si stava lavorando per arrivare ad un totale di 160 mila persone da redistribuire da Italia, Grecia e questa volta anche Ungheria.
“L’Europa non può sopravvivere senza confini ma nemmeno non rispettando gli obblighi verso chi fugge dalle persecuzioni. Questo è l’equilibrio che bisogna trovare ora”, suggerisce Timmermans. Cruciale il ruolo degli Stati di frontiera che devono, sottolinea, “prendere immediatamente le impronte dopo l’arrivo dei migranti” perché se si aspetta “diventa molto più difficile”. Un invito rivolto direttamente alla Grecia e a Kos, porta d’ingresso, nelle ultime settimane, di migliaia di migranti in arrivo dalla Turchia. Gli Stati di frontiera “sono chiamati alla responsabilità sulle regole, non solo per ragioni di legalità ma anche sostanziali”, insiste anche il commissario all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos. Per questo occorre “immediatamente creare gli hotspot”, i centri di registrazione e smistamento dei migranti. Quello greco, spiega il membro dell’esecutivo, sarà al Pireo.
Benvenuta sarebbe poi l’accoglienza anche da parte di altri Stati, non Ue, che fino ad ora non hanno accolto migranti: Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi ad esempio. Peccato che “oggi non siamo nella posizione di chiederlo, fino a che l’Europa non riuscirà a darsi un meccanismo per l’equa distribuzione”, ammette Timmermans che sulla situazione in Siria fa anche un parziale mea culpa a nome dell’Europa: “La comunità internazionale – dice – ha incredibilmente fallito in Siria”, Paese che è rimasto “vittima di una guerra tra interessi nazionali su scala internazionale”. In questo “anche l’Ue ha parte della responsabilità ma non è sola”.