Bruxelles – Le accuse della Commissione europea nei confronti di Google sono “errate da un punto di vista dei fatti, legale ed economico”. Non le manda a dire il motore di ricerca più famoso al mondo e, per nulla intimorito dalla minaccia di una maximulta da parte di Bruxelles, rispedisce al mittente le critiche. L’esecutivo europeo ritiene che l’azienda di Mountain View si sia resa responsabile di comportamenti che costituiscono abuso di posizione dominante favorendo, nei servizi di ricerca, il proprio servizio di acquisti online rispetto a quello dei concorrenti. Affermazioni errate, ribatte sul blog aziendale il Senior Vice President & General Counsel di Google, Kent Walker, che illustra la risposta di oltre un centinaio di pagine inviata alla Commissione europea.
Nel documento Google ritiene di avere fornito dati e cifre per mostrare “l’infondatezza delle questioni sollevate nella comunicazione”. Tra queste in particolare “dati economici rilevati su un arco temporale di oltre un decennio, ampia documentazione e le dichiarazioni dei ricorrenti che confermano che il settore della ricerca di prodotti online è altamente competitivo”. “Nell’ultimo decennio – scrive Walker – Google ha indirizzato oltre 20 miliardi di clic gratuiti verso gli aggregatori di shopping, nei Paesi interessati dalla comunicazione della Commissione, con un aumento del 227% del traffico organico”. Senza contare che Bruxelles “non considera l’impatto” sul mercato di “Amazon ed eBay, che si sono ritagliati una fetta di traffico molto più grossa rispetto agli annunci di Google Shopping”, introdotto nel 2012.
“Google – aggiunge la nota – si è sempre impegnata per migliorare i propri servizi, creando nuovi modi per fornire risposte migliori e mostrare annunci più utili. Abbiamo preso seriamente le questioni sollevate nella comunicazione degli addebiti della Commissione Europea”, garantisce il colosso di Mountain View ma “la comunicazione individua una soluzione peculiare e problematica, richiedendo a Google di mostrare annunci forniti e ordinati da altre aziende all’interno del nostro spazio pubblicitario”. Una pratica che “danneggerebbe la qualità e la pertinenza dei nostri risultati” e che non è “giustificata legalmente”: lo sarebbe, sottolinea la nota di Google, solo “nel caso in cui un’azienda abbia un obbligo di fornitura di un servizio ai suoi concorrenti, intendendo con ciò che l’azienda controlla un servizio essenziale e non disponibile altrove (come l’erogazione di gas o elettricità)”.