In occasione della ripresa dei principali campionati internazionali di calcio, riparte la serie di focus sul tema dei diritti tv a cura di Eunews. Dopo aver analizzato il sistema di spartizione degli introiti nella Premier League inglese e nella nostra serie A, ci soffermiamo in questo terzo appuntamento sulla Liga.
Il campionato spagnolo è senz’altro uno dei più spettacolari e avvincenti, grazie soprattutto alla presenza di due squadre come Real Madrid e Barcellona. Club che hanno fatto la storia del calcio e che annualmente si contendono la vittoria dello scudetto. Due società, per quel che qui ci interessa, che ogni anno incassano centinaia di milioni di euro dal merchandising, dagli abbonamenti, dalla vendita dei biglietti, e, per l’appunto, dalle televisioni.
Sì, perché la voglia di vedere le giocate di Messi e Cristiano Ronaldo è mondiale: per la stagione appena iniziata, solo Mongolia e Groenlandia non hanno acquistato i diritti della Liga. Un vero business globale che, però, non è ripartito in maniera equa. La Spagna è infatti l’unico dei grandi Paesi europei ad avere ancora un sistema di ripartizione individuale, con le singole squadre lasciate libere di negoziare direttamente con le televisioni. Questo metodo ha creato negli anni forti squilibri, con Real e Barcellona a spartirsi da sole quasi il 50% del totale (circa 140 milioni di euro ciascuna a stagione), mentre alle altre spettavano ‘le briciole’.
Dal prossimo anno anche la Liga cambierà, adeguandosi al resto d’Europa. Il governo spagnolo ha infatti deciso di intervenire sulla questione e, con un ‘Real decreto’ del maggio di quest’anno, ha introdotto a partire dalla stagione 2016/2017 un sistema di distribuzione collettivo. Questa novità riguarderà pure la Seconda divisione iberica, la così detta Liga Adelante, con lo scopo di incrementare i ricavi anche di queste squadre.
Vediamo nello specifico i nuovi criteri di distribuzione. L’incasso totale derivante dai diritti televisivi andrà per il 90% alla Liga, per il 10% alla serie B ispanica. Le rispettive quote saranno così distribuite tra i club: una quota divisa equamente tra tutte le squadre (per la Liga dovrebbe essere pari al 50%); un 25% basato sui risultati sportivi (degli ultimi 5 campionati per la Liga, dell’ultima stagione per la seconda serie); un terzo del residuo (circa l’8% del totale) legato ai ricavi da abbonamenti e biglietti; i due terzi del residuo (circa il 17% sul totale) basato sul bacino d’utenza del club.
Per evitare una netta sproporzione tra le squadre di fascia alta come Real e Barcellona e le piccole, il Decreto prevede dei paletti. Ad esempio, la proporzione fra i ricavi della prima e dell’ultima squadra – sia per la Liga che per la Liga Adelante – non potrà essere superiore a 4,5 volte. Basti pensare che soltanto nella stagione 2013-2014 tale valore era del 7,4.
Insomma, si tratta di un sistema sicuramente più democratico ed equo rispetto a quello vigente e che si avvicina maggiormente al modello inglese. Con questa soluzione il Governo spera di aumentare i ricavi dai diritti Tv di circa il 40% rispetto all’attuale contratto, in modo da favorire il pagamento del debito che le società calcistiche spagnole hanno con lo Stato. Un ‘buco’ che nell’ottobre del 2014 si attestava a ben 480 milioni di euro.