Bruxelles – “Non è questa l’Europa”. Non è quella dei “campi profughi dati alle fiamme, dei barconi rimandati indietro, delle violenze contro i richiedenti asilo o semplicemente dell’indifferenza di fronte alla miseria e al bisogno”. L’Europa non è quella dei “discorsi pieni di odio, delle esternazioni avventate che mettono a rischio una delle nostre maggiori conquiste: la libertà di circolazione nell’area Schengen e il superamento delle frontiere al suo interno”. Nei giorni dei profughi ammassati lungo la frontiera tra Grecia e Macedonia, dei disperati che si nascondono sotto i camion in transito da Calais verso la Gran Bretagna, del muro che continua a crescere tra Ungheria e Serbia, a prendere la parola è il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker. Lo fa con un lungo intervento, scritto per il quotidiano tedesco Die Welt e pubblicato anche da Repubblica.
Parole dure contro un’Europa che, dice Juncker, considero “una comunità di valori di cui possiamo andare fieri” ma che “raramente” dimostra di esserlo. “Quando parliamo di migrazioni – ricorda Juncker – parliamo di esseri umani, come noi, solo che queste persone non possono vivere come noi perché non hanno avuto la fortuna di essere nati in una delle regioni più ricche e più stabili del mondo. Parliamo di persone costrette a fuggire dalla guerra in Siria, dal terrore dell’Is in Libia o dalla dittatura in Eritrea”, continua. A preoccupare il capo dell’esecutivo comunitario è il fatto che “l’accoglienza sia sempre meno radicata nei nostri animi”, ma anche l’atteggiamento dei “politici di estrema destra e di estrema sinistra” che “alimentano un populismo che produce astio soltanto e nessuna soluzione”.
E di soluzioni, è sicuro il presidente della Commissione, se ne possono trovare soltanto insieme: “Non esistono soluzioni nazionali efficaci. Nessuno Stato membro può regolare le migrazioni efficacemente per suo conto”, scrive Juncker. “L’approccio deve essere più europeo e non c’è tempo da perdere”, ad esempio tenendo altre riunioni non necessarie: “Non servono solo i vertici straordinari dei capi di Stato e di governo. Si è già tenuto un vertice sulle migrazioni, a novembre ci rincontreremo a Malta”, ricorda. Invece “dobbiamo far si che tutti gli Stati dell’Ue approvino subito le norme europee necessarie, dando loro immediata attuazione”. Quello che in Europa manca, punta il dito Juncker, “è il coraggio collettivo di adempiere alle norme del diritto europeo e ai nostri obblighi nei confronti degli individui anche se farlo non è semplice e certo spesso impopolare. Invece si punta il dito contro gli altri in un gioco a scaricabarile che può forse servire a guadagnare attenzione e voti ma non risolve i problemi”.
Così Juncker richiama gli Stati alle loro responsabilità sulla redistribuzione dei migranti dai Paesi più colpiti: l’obiettivo della Commissione era redistribuirne 40 mila (cifra già irrisoria), si è arrivati a fatica a 32 mila. “L’esistenza di confini esterni comuni ci impone di non abbandonare al loro destino i Paesi membri che si trovano in prima linea”, sprona Juncker, che assicura: “Vogliamo essere ancora più incisivi creando un meccanismo stabile che in situazioni di emergenza possa entrare in funzione in automatico ogni volta che uno Stato membro ne abbia necessità”. Un progetto che avrà sicuramente vita tutt’altro che facile. Ma le misure proposte dalla Commissione “devono essere affrontate con urgenza dai 28 Stati membri, anche da quelli che finora si sono rifiutati”, insiste il presidente. Per prima cosa, “a settembre la Commissione presenterà una lista comune dei Paesi di provenienza sicuri”, quelli in cui i migranti possono essere rimandati: un elenco che partirà dai Paesi balcanici, da cui arrivano moltissime richieste di asilo, ingiustificate secondo Bruxelles: “Non è logico – fa notare Juncker – che i Paesi membri approvino la candidatura all’ingresso nell’Ue dei Paesi dei Balcani occidentali se non li classificano come sicuri”.
A contare, secondo il presidente della Commissione, è soprattutto l’atteggiamento con cui si affronteranno “le prossime settimane e mesi”: “L’Europa – ammonisce – fallisce se la paura prende il sopravvento. L’Europa fallisce quando gli egoismi hanno più voce della solidarietà presente in ampie porzioni della nostra società”. Invece “l’Europa ha successo quando superiamo in maniera pragmatica e non burocratica le sfide del nostro tempo”.