Roma – Il terremoto in Nepal, i saccheggi al museo di Baghdad nei giorni della caduta di Saddam Hussein, la distruzione dei Buddah di Bamiyan in Afghanistan ad opera dei Talebani, nel 2001, i più recenti scempi compiuti dall’Isis nella città antica di Nimrud e nel museo di Mosul, in Iraq, sono tutti eventi da cui emergere la necessità di tutelare il patrimonio culturale dell’umanità.
“E’ un dovere della comunità internazionale” secondo il ministro della Cultura Dario Franceschini, che con il governo ha promosso una Conferenza internazionale sul tema, alla quale hanno aderito i suoi colleghi di 83 Paesi, riuniti oggi e domani all’Expo di Milano per elaborare un ‘Position paper’ che sarà la base per azioni future. All’evento, l’eurodeputata e presidente della commissione Cultura, Silvia Costa, ha portato le 10 proposte del Parlamento europeo per stimolare l’adozione di “una strategia in sede Onu e nell’ambito della Corte penale internazionale”, ha dichiarato.
Tra le iniziative al centro del dibattito c’è l’istituzione di un corpo speciale di Caschi blu dell’Onu per proteggere siti e beni culturali. Un corpo speciale da utilizzare, ad esempio, contro quelli che il direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova, intervenendo all’incontro ha definito “attacchi che rientrano nella strategia della pulizia culturale” adottata dall’Isis, e che vanno considerati come “crimini di guerra”.
Quella dei “Caschi blu della cultura è una grande proposta di chi non si rassegna alla barbarie”, ha indicato il presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervenuto alla Confernza per sottolineare che non si può “restare insensibili” quando “nei luoghi della bellezza si scrivono pagine di dolore”, come è successo tra le rovine dell’anfiteatro romano di Palmyra, in Siria, dove miliziani dell’Isis hanno decapitato decine di ostaggi. “Quando il terrorismo vuole colpire qualcosa di bello colpisce un museo di Tunisi, un giornale a Parigi, un luogo di culto in Danimarca e in Belgio, una Università in Kenya, elenca il premier, secondo il quale la cultura è sotto attacco proprio perché rappresenta “la carta d’identità” di un popolo. È per questo che invita i presenti a “far vivere nella quotidianità” le decisioni che verranno indicate nel documento conclusivo dell’evento.
Un testo che potrebbe vedere accolte anche le proposte presentate dal Parlamento europeo. Eccole in dettaglio:
1. Invitare la Commissione europea ad assumere le misure necessarie, in collaborazione con l’Unesco e la Corte penale internazionale, per estendere la fattispecie di crimini contro l’umanità a quegli atti che danneggiano o distruggono intenzionalmente il patrimonio culturale e religioso dell’umanità con atti di vera e propria ‘pulizia culturale’.
2. Invitare gli Stati membri dell’Unione europea ad adottare le misure necessarie per l’identificazione dei responsabili degli atti di distruzione del patrimonio culturale in Siria e in Iraq. Laddove infatti questi fossero ‘foreign fighters’, e quindi cittadini di Paesi che hanno ratificato lo Statuto della Corte penale internazionale, gli Stati di appartenenza possono chiedere l’intervento della stessa Corte.
3. Rafforzare i meccanismi di coordinamento e monitorare l’effettiva attuazione della risoluzione 2199 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, del 12 febbraio 2015, al fine di porre termine al commercio illegale di beni culturali dai territori di Siria e Iraq, durante il conflitto in atto, impedendone quindi l’impiego come fonte di finanziamento del terrorismo.
4. Estendere la competenza dei Caschi blu dell’Onu ai casi di distruzione del patrimonio culturale, anche attraverso programmi di formazione specifici, volti a individuare le priorità e gli interventi da effettuare in caso di conflitto o di gravi crisi umanitarie.
5. Promuovere l’adesione alla Campagna #Unite4Heritage dell’Unesco e sostenere l’attuazione di programmi specifici finalizzati alla tutela del patrimonio in situazioni di emergenza, sulla base del progetto dell’Unione europea-Unesco ‘Emergency safeguarding of the Syrian heritage” o del ‘Syrian observatory’, nonché del progetto ‘Mosul’ sviluppato dall’Initial training network for digital cultural heritage, tramite borsa di studio Marie Curie.
6. Invitare gli Stati membri a ratificare la Convenzione Unesco (1970) concernente le misure da adottare per interdire e impedire l’importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali di illecita provenienza e promuovere campagne di sensibilizzazione per scoraggiarla. Nonché ratificare la Convenzione dell’Unidroit del 1995 e la Convenzione internazionale per la protezione dei beni culturali in caso di conflitti armati del 1954, con il suo secondo protocollo aggiuntivo del 1999.
7. Creare e potenziare i programmi educativi al valore del patrimonio culturale, a tutti i livelli di istruzione, nonché i progetti di dialogo interculturale e interreligioso. Sostenere i progetti di sensibilizzazione riguardo al tema della distruzione e della circolazione illecita dei beni culturali, e quelli concreti di formazione di professionisti specializzati nella protezione e restauro dei beni culturali in caso di situazioni di conflitto e di emergenza e nella lotta al traffico illecito, come quelli promossi dall’Iccrom in vari paesi.
8. Creare ‘safe heavens’ per i beni culturali rubati o illegalmente rimossi dal paese di origine, sul modello della legge svizzera sulla protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, di catastrofe o situazione d’urgenza, e migliorare il controllo delle frontiere.
9. Adottare una direttiva Ue sull’importazione dei beni culturali all’interno dell’Unione europea, che dovrebbe richiedere un certificato obbligatorio di importazione, sulla base di quello previsto dalla Direttiva 2014/60/UE relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro.
10. Rafforzare la cooperazione tra le organizzazioni internazionali, in particolare tra l’Unesco, l’Interpol, l’Icomos, l’Icom, l’Omd e l’Unione europea, che può svolgere un ruolo importante in riferimento alla lotta al traffico illecito di beni culturali attraverso la rete Eu-Cultnet. Perfezionare la raccolta di informazioni e la creazione di banche dati relative ai beni culturali usciti illecitamente dai territori colpiti da conflitti o gravi crisi umanitarie e, in particolare, promuovere e sostenere il progetto Psiche dell’Interpol. In questo quadro, ampliare la mission del satellite europeo Copernico.