Bruxelles – Continua a salire la tensione in Turchia dopo la doppia offensiva di Ankara contro i Jihadisti dell’Isis in Siria ma soprattutto contro il partito curdo dei lavoratori Pkk, considerato in Turchia un’organizzazione terroristica. Nella notte i cacciabombardieri hanno condotto raid sulle postazioni dei ribelli nel nord dell’Iraq mentre i carri armati turchi hanno bombardato un villaggio curdo nel nord della Siria causando, secondo quanto riportato da Ong siriane, almeno quattro feriti.
L’escalation nel Paese è iniziata con l’attentato suicida di Suruc, il primo condotto dall’Isis in territorio turco, che ha fatto 32 vittime ad un raduno dei giovani socialisti curdi. All’attacco il governo turco, finora accusato da molte parti di eccessiva tolleranza nei confronti dei combattenti dello Stato Islamico, ha reagito iniziando una serie di bombardamenti contro le postazioni degli integralisti islamici in Siria e concedendo anche per la prima volta agli Usa l’uso della base di Incirlik, nella provincia meridionale turca di Adana, per condurre operazioni militari contro l’Isis.
Ma i raid turchi non sono stati rivolti solo contro il sedicente Stato Islamico: sotto il fuoco di Ankara sono finiti anche i campi dei miliziani del Pkk nel nord dell’Iraq, ponendo di fatto fine alla tregua siglata nel 2013 dallo storico leader curdo, Abdullah Ocalan. Ankara accusa il Pkk di non avere abbandonato il Paese, così come stabilito nell’accordo di allora, e di usare la violenza per ottenere maggiore forza nelle negoziazioni mentre per il Pkk, il governo turco è colpevole di avere sostenuto finora i jihadisti contro cui i curdi stanno combattendo. Sabato e domenica centinaia di attivisti curdi si sono scontrati con la polizia turca mentre un’autobomba è esplosa nella città di Diyarbakir uccidendo due militari turchi e ferendone altri quattro. L’attacco non è stato rivendicato dal Pkk ma le autorità turche ritengono i ribelli responsabili.
In questa situazione Ankara ha deciso di chiamare in causa gli Alleati della Nato: il Consiglio Nord Atlantico, di cui fanno parte gli ambasciatori dei Ventotto paesi alleati, s’incontrerà domani per consultazioni chieste dal Paese in base all’articolo 4 del trattato dell’Alleanza, quello secondo cui ogni Stato membro può chiedere consultazioni quando “la sua integrità territoriale, la sua indipendenza politica o la sua sicurezza sono minacciate”. La Turchia ha richiesto l’incontro “vista la gravità della situazione dopo gli efferati attacchi terroristici dei giorni scorsi e per informare gli alleati dei provvedimenti che sta prendendo”, ha fatto sapere il segretario della Nato, Jens Stoltenberg assicurando che gli Alleati “seguono attentamente gli ultimi sviluppi e sono solidali con la Turchia”.
L’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, intanto, sottolinea che l’Unione Europea incoraggia Ankara a combattere il terrorismo dello Stato Islamico, ma allo stesso tempo a mantenere aperto il processo di pace con i curdi. Per Mogherini, che negli ultimi giorni riferisce di avere parlato con il ministro degli Esteri turco ma anche con la rappresentanza curda, il dialogo con i curdi è “un investimento nella pace e nella sicurezza della Turchia e mi auguro – ha aggiunto – che questo processo possa andare avanti”. Parlando a margine della XI Conferenza degli ambasciatori dalla Farnesina ha spiegato: “Capisco quanto possa essere difficile in questa fase, ma l’invito che la Ue fa a tutti è di mantenere aperta la porta e la strada del dialogo e della pace all’interno della Turchia, alzando ancora di più la guardia contro l’Isis e contrastandolo ovunque si manifesti”.
La situazione di grande tensione arriva in un momento politicamente non facile per l’Akp, il partito del presidente, Recep Tayyp Erdogan, che dopo avere perso la maggioranza assoluta lle elezioni dello scorso 7 giugno sta tentando senza successo di formare un governo di coalizione. Se non ci riuscirà entro la fine del mese è probabile che saranno indette nuove elezioni.