Bruxelles – Proseguono gli sforzi per riportare la normalità nell’Est dell’Ucraina, dove la lista delle vittime del conflitto tra separatisti ed esercito di Kiev, nonostante la fragile tregua siglata a febbraio, si allunga di giorno in giorno. Ieri sera i leader nel cosiddetto “formato Normandia”, costituito dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, dal presidente francese, François Hollande e dai presidenti russo e ucraino, Vladimir Putin e Petro Poroshenko, sono tornati a fare il punto sui passi più urgenti da compiere sulla via della normalizzazione, ma rimane un nodo per nulla semplice da sciogliere: quello delle elezioni amministrative locali nelle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk e dello statuto speciale da dare alla regione. Per il presidente russo si tratta di un aspetto imprescindibile: “Una soluzione stabile e complessiva dalla crisi ucraina sarebbe possibile solo se Kiev stabilisse un dialogo diretto con i rappresentanti del Donbass”, ha chiarito nel corso della teleconferenza Putin, esortando Kiev a fissare la procedura per le elezioni nelle regioni separatiste. Ma le autorità ucraine da quell’orecchio sembrano non volerci sentire: “Petro Poroshenko ha sottolineato che organizzare elezioni fittizie in programma per il 18 ottobre e il 1 novembre sarebbe inaccettabile ed elezioni di questo tipo non avrebbero alcun valore legale”, fa sapere una nota della presidenza ucraina. Dal canto loro, Merkel e Hollande, nel ruolo di mediatori, hanno ricordato, secondo una nota diffusa dall’Eliseo, che “le elezioni locali devono essere organizzate secondo le norme dell’Osce e devono essere sorvegliate” dallo stesso organismo e hanno sottolineato l’importanza di “fissare una sola data per le elezioni locali in tutta l’Ucraina, comprese le regioni di Donetsk e Lugansk”.
I leader hanno ribadito ancora l’importanza di rispettare gli impegni presi con gli accordi di Minsk due sul ritiro delle armi pesanti e il rispetto del cessate il fuoco, visto che le tensioni sono lontane dall’essere risolte. Secondo Poroshenko, anzi, la situazione della sicurezza nella regione si sta “deteriorando” con “crescenti attacchi da parte di militanti”. In precedenza, anche l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) ha fatto sapere che la situazione nella città di Donetsk è “notevolmente più tesa” rispetto ai giorni precedenti, oltre a riportare di attacchi che sarebbero stati sferrati da militari ucraini. Al centro dell’attenzione anche la situazione del villaggio di Shyrokine, nel sudest dell’Ucraina, zona contesta tra separatisti ed esercito di Kiev. I ribelli filorussi hanno ritirato le truppe e i leader chiedono ora all’esercito ucraino di fare altrettanto e all’Osce di prevedere una missione speciale di osservazione.
Secondo la nota diffusa dal Cremlino i leader hanno anche “espresso soddisfazione” per l’annuncio di due principali gruppi separatisti di “effettuare un ritiro volontario ed unilaterale delle armi di calibro inferiore a 100 millimetri”. Ritiro che ancora deve essere confermato dall’Osce. Si è anche preso atto della decisione, presa nel sottocomitato sulla sicurezza del gruppo di contatto sulla crisi ucraina, dell’accordo raggiunto sul ritiro di carri armati e mortai di calibro inferiore a 120 millimetri e di sistemi di artiglieria di calibro inferiore a 100 milimetri ad almeno 15 chilometri dalla linea di contatto. Ora si punta a firmare e mettere in atto l’accordo, che completa le misure fissate con gli accordi di Minsk, il più rapidamente possibile.