Roma – Nell’affrontare la questione dei flussi migratori, “l’Ue si è chiusa nella politica della paura”. Lo ha sostenuto Massimo D’Alema, presidente della Fondazione per gli studi progressisti europei (Feps), intervenendo al convegno ‘Per l’Europa. Ripartiamo dal manifesto di Ventotene’, che si è tenuto stamattina nell’isola dove nacque il celebre documento ritenuto il fondamento ideologico del processo di integrazione europea. L’ex presidente del Consiglio ha sottolineato che “se chiudessimo le frontiere, nel 2080 ci troveremmo con un pensionato ogni 1,5 lavoratori”. Quindi, se per allora “non arriveranno migliaia di giovani, l’Europa morirà”.
D’Alema ha parlato più in generale dei principi che spinsero Altiero Spinelli e gli altri padri fondatori dell’Unione a sottoscrivere il manifesto di Ventotene. Sono gli stessi che a suo avviso dovrebbero essere ripresi oggi per dare corpo a un progetto politico forte per l’Ue, evitando che continui ad essere percepita come una costruzione delle “oligarchie finanziarie”. La crisi della Grecia, secondo l’esponente del Pd, “mette in luce la debolezza strutturale dell’euro”. Le “grandi conquiste” realizzate finora, a partire dalla moneta unica, “non reggeranno se tutta questa architettura non si completerà con una politica comune”.
È vero che abbiamo una sola valuta, ha sottolineato ancora l’ex premier, “ma ci sono diversi sistemi fiscali, diversi tassi si interesse, le banche danno ai risparmiatori pochissimo e poi comprano titoli dai Paesi indebitati a tassi di interesse molto elevati”. È una forma di redistribuzione che “funziona alla rovescia”, è la denuncia di D’Alema, perché “garantisce flussi di denaro dai paesi più poveri a quelli più ricchi”.
Una critica, l’esponente del Pse, la rivolge anche alla stessa sinistra europea, che deve essere “più libera” e avere “un’identità più coraggiosa”. Deve smettere di essere “prigioniera di quel pensiero neoliberista che ha lasciato il segno in questi ultimi anni”.
La richiesta di un ruolo forte della sinistra nell’Ue arriva anche da Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, che ha chiuso il convegno. Secondo la sindacalista, “l’Europa sta vivendo la più grande crisi politica dal dopoguerra”. La risposta, ritiene, deve essere “ispirata ai principi del socialismo europeo”.
Principi che a suo avviso non sono sufficientemente presenti nell’azione del governo italiano. Ricordando che il premier Matteo Renzi, all’indomani del Consiglio europeo sulla Grecia, “ha sostenuto la necessità che l’Europa dovesse cambiare”, la critica della leader sindacale è che il capo dell’esecutivo abbia poi “ridimensionato molto questo suo pensiero, accontentandosi di un po’ più di flessibilità sul deficit. Non è così che si cambia l’Europa”, ha tuonato.
Tornando al ruolo della politica, di cui “abbiamo uno straordinario bisogno”, secondo Camusso bisogna esercitarlo anche sul tema del debito pubblico degli Stati. “Occorre fare una conferenza europea sul debito – ha suggerito – e vorremmo che l’Italia ne fosse promotrice”.