Roma – Le fazioni libiche “che si sottrarranno o boicotteranno” l’accordo siglato il 12 luglio “avranno una reazione di isolamento da parte della comunità internazionale, come è emerso nella riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione europea” ieri a Bruxelles. È un messaggio “molto chiaro” quello che il capo della diplomazia italiana, Paolo Gentiloni, invia al Congresso generale di Tripoli – il quale si rifiuta ancora di sottoscrivere l’intesa raggiunta in Marocco per la costituzione di un governo di unità nazionale – dopo l’incontro con l’inviato speciale dell’Onu Bernardino Leon, accolto oggi alla Farnesina.
Gentiloni ha rinnovato un appello a “tutte le parti libiche a unirsi a questo percorso” di stabilizzazione. Possibilità su cui si continua a puntare, come conferma Leon, secondo il quale il Congresso generale che governa la Tripolitania “non è un blocco monolitico” e, soprattutto, “non è contrario all’accordo ma lo sosterrà se ci saranno delle rassicurazioni”.
La porta rimane dunque aperta per Tripoli. Ma “dobbiamo essere chiari – precisa Gentiloni – che la comunità internazionale crede molto nell’intesa raggiunta”, e “il lavoro che si può fare riguarda gli allegati” al documento sottoscritto da Tobruk, Misurata e altre fazioni minori. In sostanza, l’impianto dell’accordo non si tocca. Se le autorità tripolitane lo accetteranno, potranno trattare sui dettagli dell’implementazione, altrimenti si esporranno all’isolamento che, in concreto, vuol dire possibilità di sanzioni economiche e altre misure analoghe.
I due diplomatici hanno affrontato anche il tema dei 4 tecnici italiani sequestrati nel paese nord africano. Una “forte condanna” è stata espressa da Leon. Definendo “inaccettabile” il rapimento, l’inviato Onu ha garantito che anche i suoi collaboratori sono impegnati a “raccogliere informazioni”, sottolineando che “le Nazioni unite e la comunità internazionale chiedono il rilascio immediato e senza condizioni” dei 4 ostaggi.
Per Gentiloni, “dare interpretazioni politiche sul movente del rapimento” è “prematuro ed imprudente”. Il ministro è convinto non sia “il momento di esercitarsi sui retroscena, ma di mostrare il volto di un Paese unito come l’Italia che conosce il terreno e ha fiducia nel lavoro della diplomazia e dell’intelligence”.