di Alessandro Cianci
«Il debito pubblico greco è diventato sempre più insostenibile». Così, senza mezzi termini, esordisce un recente report del Fondo monetario internazionale – l’ennesimo – sulla sostenibilità del debito greco. Nel documento, che ha avuto ampia eco sulla stampa, gli esperti del Fondo affermano che il debito toccherà, nei prossimi due anni, la soglia del 200% del PIL, mentre il fabbisogno finanziario del paese fino al 2018 raggiungerà gli 85 miliardi di euro. Risultati, questi, ben peggiori di quelli pubblicati nel report precedente.
Le cause del deterioramento della situazione sono, secondo l’istituto di Washington, frutto dell’indebolimento delle politiche degli ultimi anni e del peggioramento delle condizioni macroeconomiche del paese, aggravate, dal punto di vista finanziario, anche dalla decisione di chiudere le banche. Tanti sono stati i commentatori che si sono avventurati in interpretazioni del documento. Secondo alcuni, il report rappresenta il preludio per un ritiro dell’FMI dal caso greco (in questi giorni la Lagarde ha ribadito che il Fondo non parteciperà al nuovo piano di salvataggio se esso non include un massiccio taglio del debito). Altri hanno intravisto una sferzata nei confronti di Syriza, partito che è al governo in Grecia solo da pochi mesi. Il Nobel per l’economia Paul Krugman, però, sembra non avere dubbi: l’economista ha bacchettato sonoramente l’FMI per la frase sibillina e ha puntualizzato che i danni permanenti all’economia greca sono il risultato delle politiche di austerità, volute dallo stesso Fondo, chiarendo che nulla si può imputare al neo-governo greco.
Palese, invece, è apparsa la critica del Fondo nei confronti di chi ha gestito finora la crisi greca, quando nel report si afferma che l’Eurogruppo deve, volente o nolente, adottare misure radicali. Nonostante la contrarietà della Germania, la scelta è ridotta a tre ipotesi. La prima opzione è consolidare – o “congelare” – il debito, con un orizzonte temporale ben più ampio di quello discusso fino a questo momento, vale a dire evitando ogni pretesa di pagamento per i prossimi trent’anni. In alternativa – prosegue il fondo – si dovrebbe procedere ad un taglio profondo del debito (haircut), come richiesto da Tsipras e osteggiato dalla Merkel. La terza opzione, infine, prevenderebbe trasferimenti annuali automatici a favore del paese ellenico, ipotesi impraticabile in assenza di un vero bilancio federale. In ogni caso, chiosa il Fondo, è ora che i partner europei facciano uno scelta.
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Reuters, che anticipa i risultati dello studio, la tempistica della pubblicazione è stata oggetto di scontro tra Washington e Bruxelles, con quest’ultimo decisamente riluttante alla diffusione del testo. Il documento era già pronto alcuni giorni prima del controverso referendum greco, ma evidentemente, per ragioni di opportunità politica, si è rimandata la pubblicazione del report fino al 14 luglio scorso, a consultazione effettuata. Ma, si sa, il 14 luglio non è una data che porta bene ai potenti d’Europa.