Bruxelles – In attesa del voto con maggior peso specifico, quello del Bundestag, che avrà luogo domani pomeriggio, nelle ultime ore due assemblee parlamentari hanno votato a favore dell’accordo raggiunto lunedì mattina per il salvataggio della Grecia. Il primo “sì” è arrivato ieri sera dalla Francia, che non ha nemmeno aspettato che Atene approvasse il primo pacchetto di riforme. Un risultato senza sorprese visto che il presidente François Hollande era stato fra i primi a giudicare positivamente l’intesa fra il governo greco e l’Eurozona. Alla Camera, 412 deputati hanno votato “sì” all’“aGreekment”, com’è stato ormai ribattezzato l’accordo, mentre i contrari sono stati solo 69, vale a dire l’intero Front de Gauche, una quarantina di repubblicani, tre ecologisti, due deputati del centrosinistra repubblicano Mrc, due del Front National e uno dell’Udi (Unione dei democratici indipendenti). Una decina di socialisti frondisti, 35 repubblicani e 4 ecologisti si sono astenuti. Situazione praticamente identica in Senato, dove i voti favorevoli sono stati 260, 23 i contrari e 60 le astensioni.
Meno scontato, invece, è stato il voto del parlamento finlandese, che verso mezzogiorno ha dato al governo il mandato di negoziare per il finanziamento del prestito ponte alla Grecia. Ad avallare l’accordo raggiunto lunedì sono stati solo i 25 deputati che compongono il “grande comitato” che, durante le vacanze parlamentari, sono autorizzati a votare in rappresentanza degli altri 200 colleghi assenti. Il ministro delle Finanze finlandese, Alexander Stubb, era stato fra i più duri verso il governo greco durante i negoziati dello scorso fine settimana e non ha mai smesso di ribadire la propria contrarietà a una ristrutturazione del debito.
Incassati i “sì” di Parigi ed Helsinki, ora Atene dovrà attendere anche i pronunciamenti di almeno altri cinque parlamenti. Il voto strategicamente più importante è previsto domani a Berlino, ma a esprimersi nei prossimi giorni saranno anche i deputati di Austria, Estonia, Slovacchia e Lettonia. Pur non essendo obbligato a farlo, il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, ha già preannunciato che anche lui chiederà al parlamento di pronunciarsi, ma il voto non dovrebbe avere luogo prima della metà di agosto. L’Irlanda invece si rivolgerà ai suoi deputati solo una volta che il testo finale sarà stato redatto. Non è ancora chiaro invece quale strada sceglieranno i Paesi Bassi e la Slovenia, entrambi piuttosto ostili alla Grecia, che, pur non essendo obbligati a farlo, potrebbero decidere di ricorrere al voto parlamentare.
Una volta definito il complesso panorama all’interno del quale dovrà concretizzarsi il salvataggio di Atene, resta da capire cosa succederà se uno dei parlamenti interpellati boccerà il piano. “Una procedura d’urgenza permetterebbe di validare comunque la il piano se i Paesi che rappresentano l’85% del capitale del Fondo salva Stati-Esm (di cui sono azionistii tutti i 19 Stati della Eurozona, ndr) sono d’accordo” ha spiegato al quotidiano francese “Le Monde” l’analista Michael Michaelides. Secondo questa procedura, solo i Paesi che detengono le quote più grosse dell’Esm hanno il diritto di veto, cioè Francia, Italia e Germania.