Bruxelles – La Commissione aveva mandato il primo avvertimento un anno e mezzo fa: “l’Italia ci comunichi al più presto quali misure ha adottato per tradurre in legge la direttiva europea contro gli abusi sui minori”. Il nostro Paese, però, per 16 mesi, non ha fornito tutte le informazioni richieste, così ora rischia di doverne rispondere davanti alla Corte di giustizia Ue.
L’esecutivo comunitario ha comunicato oggi di aver inviato all’Italia un “parere motivato” per chiedere di spiegare in che modo il Paese abbia implementato la Direttiva 93 del 2011. Il testo approvato quattro anni fa dalle istituzioni Ue armonizza la definizione dei reati penali in materia di abuso sessuale contro i bambini, di sfruttamento sessuale dei bambini e di pornografia minorile in tutta l’Unione europea. Inoltre, stabilisce un livello minimo di sanzioni penali e intende impedire che le persone condannate per crimini sessuali contro i bambini esercitino attività professionali che comportano un contatto frequente con i minori.
Gli Stati membri avrebbero dovuto tradurre la direttiva in leggi nazionali entro il 18 dicembre 2013. Nel gennaio dello scorso anno, non avendo ricevuto tutte le informazioni richiesta all’Italia, la Commissione aveva inviato una lettera al nostro Paese chiedendo notificare al più presto le misure adottate. Si trattava della prima fase di una procedura d’infrazione, e ora, dopo più di un anno, l’esecutivo ha deciso di passare alla seconda fase: l’invio di un “parere motivato”. L’Italia ha ora a disposizione due mesi di tempo per fare ciò che le chiede la Commissione, altrimenti l’esecutivo potrà decidere di rivolgersi direttamente alla Corte di giustizia Ue.
Il nostro Paese non è l’unico a trovarsi in questa situazione. Anche Malta, Grecia, Portogallo, Romania e Spagna hanno ricevuto oggi un “parere motivato” per mancanze relative alla stessa direttiva. Oggi la Commissione ne ha spediti 15 in totale e in altri due casi ha deciso di ricorrere ai giudici del Lussemburgo. Si tratta di mancate comunicazioni o implementazioni di direttive sull’ambiente, la tutela della salute, la mobilità, la giustizia e gli affari interni, come nel caso dell’Italia.