Bruxelles – “L’Isds è morto” esultavano gli eurodeputati settimana scorsa dopo aver approvato il testo con le raccomandazioni per i negoziati sul Ttip, il partenariato commerciale fra Unione europea e Stati Uniti. Secondo l’aula di Strasburgo fra pochi anni gli arbitrati privati per la risoluzione delle controversie fra Stati e investitori saranno solo un brutto ricordo. Nel frattempo, però, i sistemi Isds sono in piena attività e per la prima volta anche la Repubblica italiana è stata chiamata a salire sul banco degli imputati. A denunciare l’Italia a inizio 2014 sono stati tre investitori di energie rinnovabili: il belga Blusun S.A., il francese Jean-Pierre Lecorcier e il tedesco Michael Stein. Le tre aziende sostengono di essere state penalizzate dalla decisione dello Stato italiano di tagliare gli incentivi per l’energia fotovoltaica (terminati nel 2013 con un decreto del 2012) e per questo hanno deciso di rivolgersi a un arbitrato privato.
I meccanismi Isds, infatti, non sono un’esclusiva del Ttip. Ne esistono già molti nel mondo, sanciti da migliaia di accordi internazionali come l’Energy Charter Treaty, un trattato sull’energia che, fino a poco fa, includeva anche l’Italia. Il 31 dicembre scorso, però, il nostro Paese ha deciso di ritirarsi dall’accordo del quale nel 1994 è stato uno dei primi firmatari. La motivazione ufficiale parla di generici tagli alle spese amministrative, ma sono in molti a credere che tale decisione sia figlia proprio della causa intentata dalle tre aziende internazionali contro lo Stato. Il risparmio, infatti, sarebbe di poco conto, visto che ammonterebbe ad appena 370mila euro l’anno, come confermato dal Ministero dello sviluppo economico al Sole24ore. La paura sarebbe invece che dopo la prima controversia possano arrivarne molte altre che potrebbero portare a rimborsi milionari senza possibilità di appello nei confronti degli investitori stranieri. Nell’ambito dello stesso accordo, infatti, le aziende straniere hanno già denunciato la Spagna ben quindici volte e la Repubblica Ceca sette.
La causa intentata all’interno del meccanismo Icsid (International centre for settlement of investment disputes) è stata registrata il 21 febbraio 2014, ma è venuta alla luce solo pochi giorni fa grazie al lavoro degli attivisti della “Campagna stop Ttip Italia”. La Corte che sarà chiamata ad esprimersi sulla controversia è presieduta dall’australiano James Crawford, che verrà affiancato dal bulgaro Stanimir Alexandrov (nominato dai ricorrenti) e dal francese Pierre-Marie Dupuy (nominato dalla Repubblica italiana). L’8 maggio l’Avvocatura dello Stato avrebbe dovuto presentare ai giudici una memoria difensiva, ma del documento al momento non c’è traccia. Il primo luglio il deputato del Movimento 5 Stelle Massimo De Rosa, in un interrogazione parlamentare, ha chiesto al Governo chiarimenti riguardo alla causa in corso ma dall’esecutivo non è ancora arrivata nessuna risposta.
Negli ultimi mesi, il governo Renzi ha affermato in Europa per il proprio appoggio “totale e incondizionato” al partenariato transatlantico, anche nei giorni in cui la polemica sul meccanismo Isds si faceva più rovente. La decisione di ritirarsi da un accordo già in vigore dopo aver subito la prima denuncia a un arbitrato privato sembra però un “comportamento incoerente”, sostengono alla “Campagna Stop Ttip Italia”. Dopo che verrà ufficializzata l’uscita del nostro Paese dall’Energy Charter Treaty, l’Italia vi resterà comunque legata per altri venti anni a causa di una “sunset clause” che protegge gli investimenti già effettuati prima dell’abbandono del trattato.
Oggi a Bruxelles comincia il decimo round di negoziati per il partenariato transatlantico, ma il controverso meccanismo Isds non sarà all’ordine del giorno. “Ci serve tempo per elaborare una proposta concreta” spiegano fonti diplomatiche. “Impossibile che il trattato venga firmato entro la fine dell’anno” specifica la stessa fonte a EUNEWS, smentendo le dichiarazioni e le speranze della Commissione Ue , che auspicava di poter festeggiare il 2016 e dare il benvenuto al nuovo presidente degli Stati Uniti a negoziati già conclusi.