Bruxelles – Dopo l’accordo raggiunto a Bruxelles, il lavoro per Alexis Tsipras è tutt’altro che finito. Ora inizia la partita ad Atene e non è detto che si rivelerà più semplice. Il Parlamento greco, così come stabilito dall’intesa raggiunta tra i leader dell’Eurozona, dovrà approvare in soli tre giorni, entro il 15 luglio, un primo pacchetto di misure importanti tra cui gli aumenti dell’Iva, l’ampliamento della base imponibile per il sistema di tassazione, misure per migliorare la sostenibilità a lungo termine del sistema pensionistico, la salvaguardia della totale indipendenza legale dell’Elstat (l’Istat greco), la piena implementazione delle disposizioni rilevanti del Trattato di Stabilità. Insomma, una maratona più che impegnativa che richiederebbe una maggioranza solida su cui però bisogna vedere se il premier greco potrà ancora contare.
Anel, il partito alleato di Syriza al governo ha annunciato che non sosterrà in Parlamento l’accordo e anche l’ala più estrema di Syriza non sarà al fianco del premier. Il ministro dell’energia e leader dell’ala radicale del partito del premier, Panagiotis Lafazaris, l’ha definito un “accordo umiliante per la Grecia e per il popolo greco”: “Questo nuovo ed oneroso memorandum ristabilisce ed estende il ruolo di guardiano della troika e la schiavitù sociale e conferma lo status di colonia della Grecia sotto la tutela della Germania e della Ue”, chiude ogni spiraglio Lafazaris secondo cui “il popolo greco dovrebbe essere deluso da questo sviluppo” e ritrovare lo spirito “mostrato con il referendum” e cioè quello di un “no ai memorandum, al neoliberismo e all’austerità che vengono istituzionalizzati nell’Eurozona”. Scontato insomma che da quel lato del partito non arriverà alcun sostegno alle misure imposte dall’accordo.
“Si pone adesso il problema della maggioranza di governo”, ha fatto notare anche il ministro greco del Lavoro, Panos Skourletis, intervistato dalla tv statale Ert a negoziati ancora in corso. “Non potrei così facilmente incolpare qualcuno che non volesse dire sì a questo accordo”, ha ammesso il ministro: “Non stiamo cercando di far sembrare questo accordo migliore, stiamo dicendo chiaramente che questo accordo non ci rispecchia”, ha chiarito il ministro prevedendo che “in Grecia ci saranno elezioni anticipate quest’anno oppure sarà formato un Governo di unità nazionale”.
E questo sembra in effetti lo scenario più probabile. Per prima cosa occorre vedere quanti all’interno del partito (che può contare al completo su 149 voti, mentre la maggioranza dell’Aula è di 151), decideranno di seguire la linea dell’ala radicale di Syriza e votare contro le riforme. Tsipras, secondo molti, potrebbe decidere di espellere i ribelli aprendo di fatto anche la crisi interna al partito. A quel punto in soccorso del premier potrebbero andare le opposizioni. Insieme i centristi filo europei di To Potami (17 voti), il centro destra di Nea Dimokratia (76 deputati) e i socialisti del Pasok (13), hanno in tutto 106 voti. A questo punto per arrivare alla maggioranza di 151, a Tsipras basterebbe conservare 45 voti del suo partito. Uno scenario di questo tipo, però, aprirebbe la strada verso la creazione di un governo di unità nazionale.
Di “obiettivo raggiunto” dopo l’accordo parla il leader dei centristi di To Potami, Stavros Theodorakis che dice di sperare che “il Governo, il Parlamento e i partiti colgano l’occasione e senza esitazioni prendano le decisioni incombenti per entrare il più velocemente possibile in una nuova era”, confermando di fatto l’appoggio del partito al percorso di riforme: “Mettiamo in atto il piano, con determinazione e giustizia. Per la nostra Grecia e per i nostri figli”, dice Theodorakis. L’accordo è “duro e umiliante e molto peggiore dei due memorandum che sono venuti prima”, commenta invece il leader del Pasok, Evangelos Venizelos ma confermando che occorre comunque evitare “l’uscita dall’Eurozona e il disastro totale”.