Bruxelles – Dopo 17 ore di “discussione molto accesa”, l’essere riusciti a portare a a casa “una non rottura sulla Grecia è un fatto importante e significativo”, ma per il momento “non credo ci sia da brindare con toni trionfalistici né viceversa da avere un atteggiamento riduttivo”. È prudente il premier italiano, Matteo Renzi sui risultati del vertice fiume dei capi di Stato e di governo dell’Area euro per scongiurare un’uscita di Atene dalla moneta unica. Un rischio che, nella nottata di confronti, è apparso tutt’altro che inconsistente: “Si è rischiato stanotte di avvicinarci alla Grexit – conferma il presidente del Consiglio –, ci sono stati un paio di momenti in cui se avessi dovuto scommette avrei scommesso sul fallimento dell’accordo e sull’uscita della Grecia”. E invece, “è finita nel nome del buonsenso e della ragionevolezza”, ci si è “fermati pochi centimetri prima di fare il crash” e si è raggiunto un accordo che è “un passo molto deciso nella direzione opposta”. Ma è decisamente troppo presto per pensare che tutto sia risolto: “Nel merito ci sarà molto da lavorare ancora”, sottolinea il premier.
A creare le maggiori difficoltà nel corso della nottata, conferma Renzi, la proposta di creare un fondo di privatizzazioni di circa 50 miliardi di euro con sede in Lussemburgo: “È stato oggetto del contendere dalle 4,30 a stamattina”, racconta il premier che sottolinea anche che la posizione italiana in materia è stata chiara: “Sono stato abbastanza deciso – dice – nel dire che se vuoi fare un fondo coi beni che vengono dalla Grecia non puoi pensare di metterlo in Lussemburgo e di farlo commissariato, questa per me è un’umiliazione”, si schiera Renzi, riferendo di essere stato “il primo, non il solo, ad intervenire con una certa durezza dei toni”, contro la proposta tedesca. A lasciare perplesso Renzi anche l’entità del fondo di garanzia: “50 miliardi per la Grecia è una cifra bella impegnativa”, fa notare, soprattutto se si pensa che “gli scorsi governi hanno privatizzato 2 miliardi”. Insomma sicuramente la gestione del fondo sarà “complicata, complessa”, ma sarà “in mano alle autorità greche con il supporto delle istituzioni internazionali”.
Sul perché ci sia stata questa durezza nei confronti di Alexis Tsipras, Renzi ha pochi dubbi: “Credo che tutto nasca dal fatto che sia stato un errore fare quel referendum, farlo a sorpresa, alzandosi dal tavolo e facendo trovare la notizia sulle agenzie. Questo mina la fiducia”. Il presidente del Consiglio liquida invece come “fantapolitica”, l’ipotesi che dietro all’atteggiamento della cancelliera tedesca, Angela Merkel, e del ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, ci fosse la speranza di fare cadere il governo greco. Nella situazione che si è venuta a creare dopo il “no” del popolo greco, continua il premier, bisognava fare una scelta “se è tutto finito oppure se bisogna andare avanti” e oggi “si è trovata una mediazione con il coinvolgimento di tutti”. Perché se c’è stata una cosa che questa nottata di trattative ha dimostrato è proprio che la Germania non è un Paese solo al comando dell’Europa: “Questa notte è accaduto esattamente il contrario, c’è stata una discussione vera, molto accesa”, riporta Renzi, sottolineando anche le differenze di visione economica che rimangono con Berlino. “La Germania – dice – ha un atteggiamento e un approccio diverso dal nostro”, un approccio che “tende a valorizzare più la solidità del bilancio che non il dato espansivo della crescita o meglio collega i due aspetti e pensa si possa crescere solo dopo una manovra di solidità di bilancio”. Quello italiano invece è “un atteggiamento diverso, non per posizione politica ma per una valutazione culturale: io credo sia da privilegiare la crescita”. Applicato alla Grecia, questo non significa che “noi dobbiamo fare la riforma delle pensioni e pagare le pensioni baby ai greci o fare pagare le tasse ai pensionati italiani e non agli armatori greci”. Significa certo che “la Grecia deve fare le riforme ma accompagnate da una saggezza economica che dia importanza alla crescita”.
Un cambio di prospettiva necessario, secondo il presidente del Consiglio, non solo per Berlino ma anche per tutta l’Europa. “Abbiamo bisogno di restituire un’anima a questa discussione”, insiste perché “quando tutto il punto sembra essere solo un dettaglio tecnico capisci che bisogna pensare a cosa è l’Europa e perché è nata”.