Bruxelles – Per dirla come il commissario europeo all’immigrazione, Dimitris Avramopoulos: “Abbiamo fatto progressi, ma non ci siamo ancora”. Si fatica a trovare un compromesso tra Paesi membri sull’accoglienza dei 40 mila rifugiati che si è concordato di redistribuire da Italia e Grecia per alleviare il peso della pressione migratoria sui Paesi più colpiti. Dopo un Consiglio europeo tesissimo su questo tema, a giugno, si è optato per un sistema di redistribuzione non obbligatorio e si è lasciato ai ministri degli Interni l’onere di stabilire quanti migranti bisognosi di protezione internazionale spetti accogliere ad ogni Paese per arrivare al risultato. Un compito tutt’altro che facile, come ha confermato la riunione di ieri, con cui non si è riusciti a risolvere la questione.
“È un dibattito difficile, molto sensibile”, ammette Jean Asselborn, ministro per l’immigrazione del Lussemburgo, Paese che detiene la presidenza di turno dell’Ue e che sta quindi conducendo i negoziati. Per questo si è deciso di fissare una seconda riunione, il prossimo 20 giugno, per tentare di arrivare ad una soluzione. In quell’occasione “vi prometto che saremo capaci di procedere, non siamo lontani dall’obiettivo”, rassicura Asselborn, prevedendo che il prossimo Consiglio sarà un incontro al massimo di “due o tre ore e avremo trovato la soluzione”. D’altronde il tempo striunge, visto che si è deciso che tutto deve essere pronto per la fine del mese di luglio. Dietro al mancato accordo, spiega il lussemburghese, il fatto che “alcuni governi devono ancora trovare le energie per dire ‘ok, facciamolo’, mentre altri hanno annunciato cifre ma hanno detto che ancora ci vogliono riflettere perché forse le possono aumentare sulla base delle dichiarazioni degli altri Paesi”, ma il dato confortante è che “nessun Paese ha rifiutato la solidarietà”.
Per il momento si è riusciti comunque a raggiungere un primo risultato e cioè trovare un accordo su come ripartire i 20 mila reinsediamenti e cioè il trasferimento nei Paesi Ue di 20 mila migranti chiaramente bisognosi di protezione internazionale che si trovano però ancora nei Paesi terzi. “Siamo largamente al di sopra della cifra fissata”, annuncia anzi Asselborn, secondo cui la cifra è stata superata di “circa 2 mila”. A permettere questa eccedenza anche l’annunciata volontà di collaborare di Paesi non Ue e cioè Svizzera, Norvegia e Lichtenstein. “È confortante, cercheremo di usare questa eccedenza sulla ricollocazione”, annuncia il ministro lussemburghese.
Per il momento soltanto alcuni Paesi hanno voluto rendere note le cifre di migranti che si sono dichiarati disponibili ad accogliere. In particolare la Germania, che ha anticipato di volere trasferire sul suo territorio “9 mila profughi da Italia e Grecia”, superando così anche l’onere di accoglienza che aveva immaginato per il Paese la Commissione, che aveva chiesto a Berlino di farsi carico di 8.763 rifugiati. Parigi, invece, ha deciso di confermare la quote elaborate dalla Commissione Ue, accogliendo quindi 6.752 migranti da Italia e Grecia e 2.375 da fuori Ue. Una dimostrazione del fatto che la contrarietà di alcuni Stati, Francia in testa, alle quote imposte dalla Commissione era più che altro dettata dalla volontà di non vedersi imporre qualcosa dall’alto, ma di potere offrire solidarietà come libera scelta. “Quello che mi ha colpito rispetto alle riunioni precedenti – ha sottolineato il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazneuve – è che la quasi totalità dei Paesi sono dell’idea che sia necessaria solidarietà”. Insomma le discussioni sono avviate su un “cammino positivo”.
“Stiamo lavorando e siamo vicini all’accordo”, assicura anche Angelino Alfano, secondo cui “siamo sulla buona strada anche per quanto riguarda Austria e Spagna”, i due Paesi che stanno opponendo più resistenza all’idea delle quote. I nodi, ha spiegato il ministro dell’Interno, sono dovuti al fatto che “anche altri Paesi hanno i loro problemi e si tratta di valutare i flussi migratori provenienti da altre frontiere”. Sul piano dei numeri, è ottimista il ministro, in futuro “potremmo coltivare un’ambizione più grande, se come sono convinto, andrà in porto questo accordo”.