di Paul Mason
Le proposte contenute nell’ultima offerta della Grecia ai creditori ricalcano molto da vicino quelle contenute nel documento inviato al governo da Jean-Claude Juncker giovedì scorso, prima del referendum.
Questo ha lasciato molti greci ed osservatori stranieri sgomenti: a che è servito il referendum, allora? Ecco alcune risposte:
Primo, la speranza del governo greco in un rilassamento delle condizioni da parte dei creditori e in una rapida risoluzione del negoziato non si è materializzata. Al contrario, il governo si è trovato di fronte ad un nuovo ultimatum. In caso di mancato accordo, la BCE e l’Unione europea faranno collassare il sistema bancario greco e cacceranno la Grecia dall’eurozona. Uno dei “successi” del referendum è stato proprio questo: aver costretto i politici europei a gettare la maschera e a esplicitare una minaccia che finora era considerata tabù. L’esito del referendum, però, ha conferito al governo greco un mandato per “rimanere dentro l’euro e combattere” – non per uscire.
Secondo, il governo ha fatto intendere che un accordo non si farà senza una ristrutturazione del debito. Il referendum – unito alle pressioni degli Stati Uniti – ha spinto diversi leader europei, tra cui Angela Merkel e Donald Tusk, ad accettare in linea di principio una “riprofilazione” del debito – un escamotage per cancellare i debiti senza usare la parola “cancellazione”.
Terzo, il piano proposto dal governo ha un’impostazione redistributiva. Syriza può ancora vendere il suo programma come qualcosa di diverso dai programmi concepiti dai precedenti governi. L’aumento dell’imposta sulle imprese (al 29%) è un esempio. Allo stesso tempo, il governo non ha ceduto sulle pensioni.
Quarto, il piano è stato concepito da Euclid Tsakalotos. La sua posizione è chiara: tenere la Grecia dentro l’euro e utilizzare il governo per promuovere la modernizzazione dell’economia e il cambiamento sociale. Tsakalotos vuole rimanere al potere – non essere spodestato da un governo di tecnocrati.
Quinto, la proposta della Grecia contiene la richiesta per un prestito che permetta al paese di far fronte alle proprie scadenze di rimborso nei prossimi tre anni. Questo offrirebbe alla Grecia un margine di manovra fiscale che al momento non ha.
Adesso resta da vedere se il governo riuscirà a far digerire l’accordo al parlamento, alla minoranza di sinistra di Syriza, ai creditori e, ovviamente, ai cittadini greci.
Pubblicato sul blog dell’autore il 10 luglio 2015.