Bruxelles – Sì all’esame d’integrazione, ma non a qualsiasi condizione. Per la seconda volta in pochi mesi un tribunale dei Paesi Bassi ha chiesto alla Corte di giustizia dell’Unione europea di esprimersi sui test a cui vengono sottoposti i cittadini immigrati, o aspiranti tali. A giugno erano stati gli esami per chi risiede in Olanda già da diversi anni a essere al centro delle attenzioni dei giudici Ue, questa volta invece il rinvio pregiudiziale riguarda i test per i parenti dei cittadini già regolarmente registrati nel Paesi Bassi.
A causa di gravi problemi di salute e disturbi psichici, una donna azerbaigiana e una nigeriana avevano chiesto di potersi ricongiungere ai propri familiari regolarmente residenti in Olanda senza dover superare l’esame d’integrazione. Le autorità dei Paesi Bassi, però, hanno rifiutato le loro richieste di permesso temporaneo senza accettare la loro domanda di esenzione dal test. Convinte di essere vittima di un’ingiustizia, le donne si sono quindi rivolte al Consiglio di Stato, che a sua volta ha chiesto un parere alla Corte di giustizia Ue, la quale ha dato loro ragione. “Le circostanze individuali particolari, come l’età, il livello di educazione, la situazione finanziaria o le condizioni di salute – scrivono i giudici – devono essere prese in considerazione in vista di un esonero dei familiari interessati dall’obbligo di superare un esame d’integrazione quando, a motivo di tali circostanze, risulta che questi ultimi non sono in grado di sostenere tale esame o di superarlo. In caso contrario, in tali circostanze, un simile obbligo potrebbe costituire un ostacolo, difficilmente sormontabile, all’effettivo esercizio del diritto al ricongiungimento familiare”.
Una direttiva comunitaria stabilisce le condizioni per esercitare il diritto di ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di Paesi terzi che risiedono legalmente in uno Stato Ue. Le leggi olandesi, però, subordinano tale diritto al superamento di un esame di base d’integrazione civica da parte del familiare che intende ricongiungersi al parente residente nei Paesi Bassi. Si tratta di un test suddiviso in tre parti: lingua olandese parlata, conoscenza della società olandese e comprensione di un testo scritto. Il tutto si svolge presso un’ambasciata o un consolato generale del Paese di provenienza del familiare oppure attraverso un telefono collegato direttamente a un computer dotato di funzioni vocali. La direttiva effettivamente ammette che gli Stati membri possano subordinare il rilascio del permesso al superamento di un esame di integrazione. Tuttavia, la Corte constata che “la legislazione olandese non consente di esonerare i familiari del soggiornante dall’obbligo di superare l’esame di integrazione civica in tutti i casi in cui tale obbligo rende impossibile o eccessivamente difficile il ricongiungimento familiare”.
Com’era già stato rilevato riguardo gli esami per gli immigrati già residenti da anni in Olanda, secondo i giudici anche i costi dei test per il ricongiungimento familiare sono troppo elevati. Il pacchetto di preparazione costa 110 euro, mentre le tasse d’iscrizione ammontano a 350 euro e vanno versate ogni volta che si ripete la pratica. A tali cifre vanno poi aggiunte le spese di viaggio per raggiungere le ambasciate o i consolati sede d’esame. “Detti importi sono tali da rendere impossibile o eccessivamente difficile il ricongiungimento familiare” scrivono i giudici, chiedendo un intervento delle autorità olandesi in questo senso.