Roma – “Documentate, come da oggi farà l’Inps, che il vostro sistema pensionistico è sostenibile come in Italia”. È la sfida che il presidente dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, Tito Boeri, lancia ai partner dell’Ue. Per Boeri, “la sostenibilità sociale” delle pensioni “conta non meno di quella finanziaria”. Per questo assicura che l’ente previdenziale non si limiterà a fornire le proiezioni di spesa a 20, 30 e 50 anni, ma includerà anche “l’intera distribuzione delle pensioni per importo”. Un’analisi che consente di sapere, ad esempio, che il 42% dei pensionati italiani riceve un assegno non superiore ai 700 euro, come certifica il rapporto annuale dell’Inps presentato oggi a Montecitorio.
Insieme con la relazione, Boeri ha illustrato i contenuti della bozza di riforma del sistema previdenziale già consegnata al governo. L’esecutivo è infatti intenzionato a procedere a delle modifiche entro l’anno, come annunciato dallo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi. Mentre l’Europa chiede alla Grecia di intervenire sulle pensioni – uno dei punti più critici del negoziato – l’Italia passa all’azione senza attendere pressioni dall’Ue, è il messaggio sottinteso che il premier invia a Bruxelles.
Il sistema italiano, secondo il rapporto Inps, rimane solido – dopo la riforma ‘lacrime e sangue’ del 2011, elaborata dall’allora ministro del Lavoro Elsa Fornero – nonostante il passivo di 12,7 miliardi dello scorso anno. La riforma non è dettata dunque “da esigenze di cassa”, sottolinea Boeri, ma punta a una “maggiore equità, tanto tra le generazioni diverse quanto all’interno di una stessa generazione.
La proposta del presidente dell’Inps si fonda su cinque pilastri. Il primo prevede la creazione di “una rete di protezione sociale dai 55 anni in su”, che costituisce un passo verso l’introduzione “di quel reddito minimo garantito che oggi manca nel nostro Paese”. Grazie a questo intervento, garantisce Boeri, sarà finalmente possibile distinguere tra assistenza e previdenza anche a livello contabile”. Il secondo punto della proposta riguarda l’unificazione delle posizioni. Se il governo la accoglierà, sarà consentito “unificare la pensione tra regimi diversi, compresa la cosiddetta gestione separata, senza oneri aggiuntivi”, spiega il titolare dell’Inps. L’armonizzazione dei tassi di rendimento garantiti per i contributi versati è l’obiettivo del terzo pilastro. Mentre il quarto riguarda la flessibilità, ovvero la possibilità di anticipare il ritiro dal lavoro a fronte di una riduzione dell’assegno percepito. Infine, al quinto punto, la bozza prevede la possibilità di versare contributi aggiuntivi a quelli obbligatori per ottenere in seguito un “supplemento alla pensione”.
Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, considera “un contributo indiscutibilmente utile” la proposta avanzata da Boeri, annunciando che verrà presa in considerazione dall’esecutivo. Molto critici invece i sindacati. Per Susanna Camusso, leader della Cgil, “si vuole far cassa con le pensioni”. L’accusa è di un abbassamento “del 30-35% per le pensioni più povere”, mentre “non si fa molto sulle pensioni d’oro e sui vitalizi”. Le parole di Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, sono altrettanto pesanti. “Boeri si propone come ministro della povertà”, sostiene, criticando in particolare il sistema della flessibilità in uscita convinto che “chi va via deve uscire con tutto ciò che si è costituito, contributivo e retributivo”. Se queste sono le premesse, lo scontro sulla riforma delle pensioni si preannuncia arroventato.