Bruxelles – Che le cose non stanno andando come previsto, comincia ad essere chiaro già a seggi appena chiusi: le proiezioni sono tutte concordi, la vittoria del “no” è schiacciante. Mentre i dati diventano reali, a reagire e a prendere in mano la situazione sono, come spesso accade, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese, François Hollande. Prima una telefonata in cui si concorda che “il voto del referendum greco debba essere rispettato” e poi i passi concreti da fare: la cancelliera annuncia subito che già nella serata di lunedì sarà all’Eliseo per confrontarsi sugli sviluppi della situazione. E poi l’inevitabile ritorno al tavolo delle trattative con un Alexis Tsipras che, forte dell’ampissimo sostegno popolare, si preannuncia più combattivo che mai. Un Eurosummit straordinario, che sarebbe stato richiesto proprio da Merkel e Hollande, è convocato poco dopo dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk per martedì sera. A precederlo, come d’abitudine, anche un Eurogruppo straordinario.
Ad ufficializzare la convocazione della riunione dei ministri delle Finanze della zona euro, un duro messaggio del presidente Jeroen Dijsselbloem che, oltre alle questioni logistiche sulla riunione, tiene a sottolineare che il risultato del referendum è “molto spiacevole per il futuro della Grecia”. La palla, ricorda Dijsselbloem, ora torna a Tsipras di cui, dice, “aspettiamo le iniziative” ma “misure difficili e riforme sono inevitabili”, chiarisce già il presidente dell’Eurogruppo. Duro anche il presidente del Parlamento europeo, uno dei primi a commentare il risultato. “La promessa di Tsipras secondo cui il no rafforza la posizione della Grecia nei negoziati non è vera”, sottolinea Schulz, né tantomeno lo è quella del ministro delle Finanze, Yanis Varoufaakis: dire che le banche riapriranno domani e i soldi saranno disponibili, dice Schulz, non è vero ed “è pericoloso”. Il presidente dell’Aula di Strasburgo arriva a proporre che, al più tardi martedì, sia discusso “un piano di aiuti umanitari per la popolazione greca” perché “i bambini e i pensionati non devono pagare la situazione drammatica in cui l’attuale governo li ha portati”. Anche per Schulz ora tocca a Tsipras: “mi auguro che il governo avanzi proposte significative nelle prossime ore per riaprire i negoziati – dice – altrimenti entreremo in tempi difficili e drammatici”.
E sono tanti gli esponenti di Paesi Ue che non si risparmiano affatto. Per il vicecancelliere tedesco, Sigmar Gabriel, “Tsipras ha distrutto l’ultimo ponte verso un compromesso tra Europa e Grecia”. Ancora più netta la premier polacca, secondo cui “alla Grecia rimane soltanto una strada: l’uscita dall’eurozona. I greci, che io rispetto molto, sono vittime di una leadership politica populista”. Anche dal Belgio si avverte, attraverso il primo ministro e il ministro delle Finanze, che il risultato del referendum “è probabilmente un brutto colpo per l’avvenire dell’Europa” e che il concretizzarsi o meno dell’ipotesi di una Grexit dipenderà dalle proposta che Atene presenterà ai suoi partner.
Molto più cauto il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, che parlerà martedì nell’Aula del Parlamento europeo. Nel frattempo si limita a fare sapere che sono in corso le discussioni con gli altri “leader democraticamente eletti” che fanno parte della zona euro. Una stoccata a Tsipras che nel condurre i negoziati si fa forte del mandato ricevuto dal popolo. La reazione al risultato che nessuno a Bruxelles voleva, per Juncker partirà lunedì mattina con una conference call con il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, quello della Bce, Mario Draghi e il presidente dell’Eurosummit, Donald Tusk. In contemporanea, il Consiglio direttivo della Bce dovrebbe riunirsi domani per fare il punto della situazione dopo l’esito del referendum greco e decidere sull’Ela, la liquidità d’emergenza per le banche greche. Bisogna capire come cambiano i negoziati, ora che il premier greco tornerà alla carica più forte di prima insistendo, come ha già annunciato, perché venga messa sul tavolo anche la ristrutturazione del debito greco.