Roma – Una prima intesa sulla proposta del mediatore Onu Bernardino Leon, che prevede la costituzione di un governo di unitario in Libia, è stata raggiunta nella notte di ieri, a conclusione dell’incontro che si svolto in Marocco. I rappresentanti di Tobruk, Misurata, Zintan e dei gruppi indipendenti hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta in cui si impegnano a “lavorare alla creazione di un governo di unità nazionale in Libia, che si metterà subito al servizio delle speranza e delle aspirazioni del popolo libico”.
L’istituzione di un esecutivo al quale partecipino tutte le parti è il presupposto necessario perché l’Unione europea possa avere un interlocutore che avvalli il lancio delle fasi in acque libiche della missione europea contro gli scafisti. Per questo i colloqui sono seguiti con particolare attenzione dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, secondo il quale “la dichiarazione sottoscritta stanotte” è “il primo risultato della mediazione condotta da Bernardino Leon con il sostegno italiano e della comunità internazionale”.
La speranza è “che entro lunedì l’accordo sia sottoscritto anche dai rappresentanti del Congresso nazionale di Tripoli”, aggiunge il capo della Farnesina. Un auspicio che però sembra assai lontano dal realizzarsi. L’incontro di ieri è stato infatti disertato dai rappresentanti delle istituzioni che controllano la Tripolitania, secondo i quali il piano di pace è “un tradimento che mira a creare un regime dittatoriale fascista sotto gli auspici dell’Onu”.
Il passo in avanti compiuto in Marocco appare dunque ancora timido, perché senza il placet di Tripoli è destinata a fallire ogni ipotesi di unità nazionale. Resterebbe comunque impraticabile, almeno ai fini della missione europea, anche una strada che prevedesse un accordo tra tutte le parti tranne Tripoli. È proprio la Tripolitania, infatti, la regione da cui partono i barconi diretti verso l’Italia. E con le autorità regionali che si oppongono decisamente a un intervento europeo – nelle scorse settimane avevano dichiarato di essere pronti a contrastare con la forza qualsiasi azione in Libia da parte dell’Ue – iniziative condotte nelle acque territoriali o sul suolo del Paese nord africano equivarrebbero a un atto di guerra.