Bruxelles – Con l’inizio del mese di luglio è cominciata anche l’entrata in vigore dei primi provvedimenti previsti dal pacchetto “better regulation”, presentato il 19 maggio scorso dal primo vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans. L’esecutivo ha cominciato il processo che vorrebbe rendere più trasparente l’intero iter legislativo europeo aprendo una consultazione pubblica sul suo programma di lavoro futuro. Chiunque potrà così inviare i propri commenti ancor prima che un’ulteriore consultazione di 12 settimane venga lanciata su ogni analisi d’impatto. Dopo che la Commissione avrà adottato l’iniziativa legislativa, una terza consultazione di 8 settimane sarà aperta grazie al sito Your voice in Europe.
Uno degli europarlamentari più critici verso il pacchetto presentato dall’esecutivo è Philippe Lamberts, capogruppo dei Verdi a Strasburgo, che non esita a definire la better regulation “una dichiarazione di guerra alla democrazia”.
Si spieghi meglio…
“Credo che la better regulation sia una vera offensiva, il cui scopo è sottomettere i legislatori europei al controllo delle potenze economiche. Chi ha applaudito all’iniziativa? Business Europe e la Camera di commercio americana, cioè le grandi imprese europee e statunitensi. Sono i soli che hanno detto: ‘la Commissione sta facendo ciò che deve fare’. Ed è per loro che è stata pensata questa better regulation, che in realtà significa solo ‘less regulation’, cioè legiferare meno. Si creerà un tale percorso a ostacoli, per impedire alla Commissione di proporre una normativa, che il flusso legislativo si prosciugherà. E anche se una proposta riuscisse ad arrivare sul tavolo dei co-legislatori, cioè Consiglio e Parlamento europeo, questi avrebbero mani e piedi legati perché dovrebbero sottomettere ogni emendamento significativo alle analisi d’impatto, che sappiamo essere pensate per rispondere a una sola domanda: questa legge comporterà una diminuzione dei profitti per le imprese? Se si analizzasse l’impronta ecologica o la diminuzione delle diseguaglianze in Europa, allora direi: ‘perché no, sono cose importanti da sapere’. Ma non è di questo che si tratta. Stiamo rendendo il diritto al profitto il diritto dominante in Europa. In altre parole, potete avere una buona salute, un’ambiente di qualità, delle relazioni sociali degne fra i datori di lavoro e i dipendenti, ma solo a condizione che non venga ridotta anche solo la speranza di profitto di Monsanto, Syngenta, Coca-Cola e tutti gli altri. Mi spiace, ma lo scopo della vita umana non è il profitto, è avere un’esistenza degna, in buona salute, e avere una prosperità sostenibile e condivisa. Il profitto non è illegittimo, ma è qualcosa che deve risultare dal rispetto di una serie di regole sociali, ambientali, democratiche e altro”.
Ma Timmermans ha detto che anche le conseguenze ambientali e sociali delle nuove normative verranno per la prima volta prese in considerazione.
“Bullshit. Non credo a una sola parola di ciò che Timmermans racconta. Io guardo cosa fanno adesso le analisi d’impatto, cioè misurare se una norma può comportare dei costi per qualcuno. Tutti sono sempre per l’ambiente e il sociale, quando non costa nulla a nessuno. Mi spiace, ma se vogliamo una vita di qualità dobbiamo mettere in conto di pagare qualcosa. Prendiamo solo un esempio: il lavoro costerà sempre più della schiavitù. Quindi per il profitto delle imprese è meglio la schiavitù. Siamo sempre tutti d’accordo nel dire che è inammissibile e che il lavoro degno deve essere pagato, e quindi incidere sul bilancio delle imprese. Ciò che constato, però, è che quando la Cina ha voluto fare una legge sul contratto di lavoro, le imprese europee e americane sono andate a trovare il governo dicendo: ‘attenzione, se lo fate ci spostiamo in Vietnam’. E quando sono partite in Vietnam e il Paese ha annunciato di voler alzare il salario minimo, hanno detto: ‘se lo fate andiamo in Bangladesh o da un’altra parte’. La sola cosa che importa loro è di massimizzare il profitto a breve termine per gli azionisti, nient’altro”.
Quindi lei sostiene che le analisi d’impatto non funzionano già adesso e la Commissione, invece di eliminarle, vuole moltiplicarle.
“Ma no, le analisi funzionano benissimo! Ma per gli interessi di un solo gruppo di persone: gli azionisti delle multinazionali. Timmermans può anche avere addosso un’etichetta socialista, ma non m’interessa nulla. Quell’uomo è un ultraliberale”.
Cosa pensa della proposta di un nuovo accordo inter-istituzionale fra Commissione, Parlamento e Consiglio?
“Sarà il vero campo di battaglia. Per noi sarà una guerra. Le proposte d’accordo depositate dalla Commissione per me sono una dichiarazione di guerra al Parlamento europeo. Ciò che spero è che l’esecutivo non disponga di abbastanza collaborazionisti all’interno dell’emiciclo per mandare in rovina l’istituzione di cui sono membro”.
Crede che i suoi colleghi siano per la maggior parte favorevoli o contrari alla better regulation?
“Questo non lo so, ma posso dire che i deputati sono molto attaccati al loro potere, per quanto piccolo questo sia. Quindi, quando si tratta di privare il Parlamento del suo potere di legiferare oso sperare che una maggioranza di eurodeputati sarà in grado di opporsi. Il problema è che ci sono tanti eurodeputati che sono allo stesso tempo pagati da grandi imprese o siedono nei consigli d’amministrazione di grandi multinazionali. Spero che avranno il coraggio di rispondere alle persone che li hanno votati e non a quelle che li pagano”.
Sara una battaglia insomma…
“Direi di sì. Ci divertiremo”.