Bruxelles – “Le porte rimangono aperte”. E’ su questo principio che l’Europa cerca un accordo disperato con Atene per la questione del debito ellenico e la crisi dell’Eurozona. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ieri in tarda sera ha messo sul tavolo le ultime, nuove proposte per cercare un accordo. I fondamentali “restano quelli”, il che vuol dire che in termini di avanzo primario gli obiettivi sono 1% al 2015, 2% al 2016%, 3% al 2017 e 3,5% al 2018, mentre su fronte Iva e pensioni gli aggiustamenti devono essere pari all’1% di Pil l’anno. Juncker però avrebbe proposto anche di facilitare la mobilitazione di tutti le risorse Ue a cui ha diritto la Grecia – circa 35 miliardi in fondi strutturali e per l’agricoltura – ma soprattutto, sembra, una ristrutturazione del debito, cosa che potrebbe indurre il premier ellenico Alexis Tsipras a riprendere le trattative, anche se appare comunque difficile che lo stesso Tsipras possa eventualmente spegnere la macchina referendaria. Il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, ha sottolineato che l’esecutivo comunitario “è il mediatore, il soggetto che lavora per agevolare un accordo”, e si tenta dunque un accordo dell’ultimo minuto. L’atteggiamento della Commissione Ue risultà però forse poco appropriato. L’intervento diretto di Juncker per condizionare verso il “Sì” il referendum di Tsipras rischia di produrre un effetto boomerang. Schinas prova a correggere il tiro, probabilmente senza riuscirci. “Non è compito della Commissione istruire i governi sul da farsi, noi ricordiamo quali sono i parametri”.
Lezioni inutili. Da Atene il governo ellenico annuncia che oggi non verrà rimborsata la tranche di aiuti del Fmi da 1,6 miliardi. Un problema, perchè a differenza del programma di assistenza con l’Ue, che pure scade oggi, l’assistenza del Fondo monetario è in essere fino al 2016. Le regole prevedono inoltre che in caso di arretrati nella restituzione del credito, il Fmi chiuda i rubinetti e non eroghi nuove tranche di aiuti finchè il pagamento ritardato non sia stato saldato. Atene perderà dunque 3,5 miliardi di tranche dal Fmi. Non solo. Con la scadenza del programma, il fondo salva-Stati Efsf non potrà erogare 1,8 miliardi di tranche di aiuti previsti in caso di rispetto del programma. Ancora, la Grecia non potrà avere 10,9 miliardi di euro provenienti dal trasferimento dei profitti maturati con i Security Market Programmes (Smp), i programmi di acquisto di titoli di Stato da parte della Bce decisi a maggio 2010 per dare ossigeno ai Paesi soffocati dal debito. La Bce dovrebbe trasferire i profitti maturati sul rendimento dei titoli alla Grecia, legato però completamente al soddisfacimento del programma, e non è il caso della Grecia. Dovrebbe essere l’Eurogruppo ad autorizzare il trasferimento dei profitti ad Atene, ma al momento appare difficile. I 10,9 miliardi permetterebbo alla Grecia di far fronte ai pagamenti di giugno, luglio e agosto, ma non è chiaro se il presidente dell’Eurogruppo – comunque contattato da Juncker – sia incline ad avanzare tale proposta. Fonti Ue sostengono che un modo per uscire da tutto questo possa essere “la creazione di un nuovo strumento finanziario”, da studiare. Ma se sul tavolo cci fosse effettivamente l’idea di una ristrutturazione del debito, tutto diventerebbe possibile.