Bruxelles – “Invito il popolo greco a votare ‘sì’ al referendum. Un ‘no’ vorrebbe dire ‘no’ all’Europa”. Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker si rivolge direttamente alla Grecia in un disperato, ultimo tentativo di riportare quella “responsabilità” che è venuta a mancare nelle ultima ore.E chiede aprtamente di votare ‘sì’, “indipendentemente dal quesito che il governo vi sottoporrà”, perché un ‘sì’, “vorrà dire che volete rimanere con gli altri Stati membri nella zona euro e nell’Ue” (leggi la trascrizione integrale del discorso).
Ancora una volta l’esecutivo comuniario rompe con la prassi. Dopo aver pubblicato sul sito internet dell’istituzione le carte con tutte le proposte avanzate dai creditori, nella mattina di oggi (lunedì) viene annunciata una conferenza stampa straordinaria di Juncker, che sale sul podio però non per fornire spiegazioni né dire cosa succederà in caso di default ellenico. Al contrario il presidente sale sul podio per dire manifestare tutta la “delusione” per il comportamento ellenico, per assicurare che da parte della Commissione così come da parte di tutti gli altri interlocutori “è stato tentato di tutto, fino all’ultimo secondo” per trovare un accordo. “Mi sento un po’ tradito” dal comportamento del primo ministro ellenico Alexis Tsipras, ammette Juncker, secondo cui non si può andare oltre. “Una grexit non è e non sarà un’opzione per me, ma i greci non possono pensare che questi significhi che avanzerò proposte che vadano contro tutti gli altri”. Fino ad oggi, ricorda il lussemburghese, “abbiamo fatto tutte le concessioni possibili, andando anche contro l’opinione pubblica di certi Paesi”, ma niente.
L’intervento tanto atteso di Juncker conferma le difficoltà in cui si trova l’Unione europea tutta. Non vengono indicate soluzioni al problema. Il discorso di Juncker – oltre quaranta minuti di intervento – appare più un requisitoria contro le autorità greche che un momento di rassicurazioni. “Le autorità greche devono dire la verità” ai cittadini, che “non leggono la gazzetta ufficiale” e dunque “non conoscono” cosa è stato messo sul tavolo. “Non abbiamo proposto tagli ai salari, non abbiamo proposto tagli alle pensioni”. Un concetto ripetuto da Juncker almeno cinque volte. “Abbiamo presentato un pacchetto globale ed esigente, ma equo. Non è solo uno stupido pacchetto di austerità”. Juncker difende il proprio operato, quello del suo staff, quello del presidente dell’Eurogruppo (“Jeroen Dijsselbloem ha fatto un ottimo lavoro”, dice), e critica Atene per “aver lasciato il tavolo delle trattative nel momento peggiore, senza avvisare” nessuno, quando “stavano arrivando proposte che avrebbero otuto facilitare un compromesso”. “Dare colpe a questa o quella persona non è corretto, è un gioco che va interrotto”, afferma riferendosi a Tsipras e al suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, che a più riprese hanno accusato i creditori di non aver reso possibili accordi per continue richieste insostenibili.
Juncker è corso al Parlamento per la riunione straordinaria della conferenza dei presidenti. Lascia la sala con la garanzia che se Atene vuole i creditori sono pronti risedersi attorno al tavolo e negoziare, e l’avvertimento di una Grexit totale nel caso della vittoria di un no al referendum del 5 luglio. Lascia il podio con l’unica certezza, che è quella che nessuno voleva: domani a mezzanotte il programma di assistenza scade, e poi si entra in un terreno inesplorato. La Grecia può sempre chiedere un nuovo programma, certo, ma le condizioni che finirebbero sul tavolo non sarebbero molto dissimili dalle proposte su cui il popolo greco sarà chiamato ad esprimersi domenica.