Bruxelles – Tempo di cambiamenti ai vertici delle direzioni generali (DG) della Commissione europea. Un balletto che, salvo eccezioni, si ripete almeno ogni cinque anni per evitare che i più alti funzionari civili acquistino troppo potere all’interno di una DG. Il bottino più ricco se lo sono aggiudicato i Paesi Bassi, che per la seconda volta dal 1997 sono tornati ad occupare l’ufficio del segretario generale della Commissione Ue. Sarà infatti l’olandese Alexander Italianer, 59 anni, a guidare la DG che si occupa di coordinare il lavoro di tutte le altre direzioni generali e di “aiutare la Commissione a lavorare in modo regolare ed efficace”. Italianer prende il posto dell’irlandese Catherine Day, 61 anni, che per un decennio ha ricoperto questo ruolo e ora ha annunciato a sorpresa le proprie dimissioni. Si tratta di un colpo non da poco per i Paesi Bassi, che avranno quindi sulle spalle l’intera riforma della “better regulation”, di cui è responsabile un altro olandese: il primo vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans. Ma non è tutto. Il regno nordeuropeo ha anche un ulteriore incarico “di peso”: la presidenza dell’Eurogruppo, che riunisce i ministri dell’Economia dei Paesi dell’Unione con la moneta unica. A Bruxelles qualcuno sostiene che la nomina di Italianer rappresenti la pietra tombale sulla rielezione di Jeroen Dijsselbloem, il cui mandato scade a fine mese. Al suo posto verrebbe quindi eletto il candidato del centrodestra, lo spagnolo Luis De Gindos. “Non confondiamo le mele con le pere – ha però precisato Kristalina Georgieva, commissario al Bilancio e alle Risorse umane – non c’è collegamento fra le decisioni della Commissione e quelle dell’Eurogruppo”.
IL PESO DELL’ITALIA In totale, undici direttori generali sono stati assegnati ad altre funzioni, mentre otto vicedirettori sono stati promossi alla guida di una DG. Fra questi c’è anche l’italiano Roberto Viola, ex segretario generale dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), volato a Bruxelles tre anni fa per diventare vice capo della DG Comunicazione e tecnologia (in gergo “europeo” DG Connet). Viola diventa così il terzo italiano a capo di una direzione generale, insieme a Marco Buti (DG Affari economici e finanziari) e Giovanni Kessler (DG Anti-frode, conosciuta anche con l’acronimo Olaf), entrambi riconfermati. Uno scarno bottino per il nostro Paese, che fino allo scorso anno poteva contare su quattro direttori e che, secondo i beninformati a Bruxelles, ha tentato di aggiudicarsi l’ambita poltrona del segretariato generale con l’ambasciatore Stefano Sannino, attuale rappresentante dell’Italia presso l’Unione europea. Resta ancora vacante, invece, il posto di direttore della DG all’Interpretariato, poiché la Commissione non è riuscita a trovare nessuna persona in grado di sostituire l’italiano Marco Benedetti, che dopo dieci anni ha lasciato il suo incarico per sopraggiunti limiti d’età.
LE DONNE Il grosso scoglio che il team del presidente Jean-Claude Juncker non è riuscito a superare è il raggiungimento della parità di genere fra gli alti funzionari. Un obiettivo che, a dire il vero, era già stato mancato al momento della formazione della Commissione stessa, che conta solo nove donne su 28 commissari. Il valzer di poltrone ai vertici delle direzioni generali rappresentava l’occasione giusta per l’esecutivo per dare finalmente un forte segnale in questo senso, ma solo due fra gli otto vicedirettori promossi sono donne, mentre sulla poltrona del segretariato generale una donna è stata sostituita da un uomo. “Il mio forte impegno è di portare la rappresentanza femminile al 40% entro la fine di questo mandato” ha commentato Georgieva, magari cominciando con l’assegnare proprio a due donne i posti ancora vacanti alle DG Interpretariato e Giustizia.
LA TASK FORCE Fra cambi di casacca e spostamenti vari, il compito più spinoso e “creativo”, com’è stato definito da Georgieva, toccherà all’inglese Jonathan Faull. L’attuale direttore della DG Stabilità finanziaria e Marcato unico dei capitali dal primo settembre guiderà una speciale task force per le questioni strategiche relative al referendum nel Regno Unito per l’uscita dall’Ue, in programma entro la fine del 2017. Un ruolo, i cui dettagli sono ancora tutti da comprendere, che ha lasciato con l’amaro in bocca la terra della regina Elisabetta. Il Regno Unito, infatti, potrebbe essere considerato il grande sconfitto della partita poiché a fronte di due direzioni perse (stabilità finanziaria e tecnologia) non ha ottenuto in cambio nessun altro posto di rilievo. Tutto il contrario della Germania, che ha lasciato il vertice della DG Ambiente ma ha guadagnato la guida della DG Competitività e del nuovo “regulatory scrutiny board”, che si occuperà di analizzare la qualità delle analisi d’impatto effettuate dalle istituzioni.