Roma – “Noi siamo un grande Paese che può perfino permettersi di fare da solo” sul tema dell’immigrazione, “è l’Europa che non può permettersi di lasciare che un Paese faccia da sé”. Alla vigilia del Consiglio europeo che si aprirà domani pomeriggio a Bruxelles, il premier Matteo Renzi illustra la posizione che l’Italia presenterà al summit. “A prescindere dall’ordine del giorno, la questione della crisi greca, a fianco all’immigrazione, saranno i temi di maggiore impatto”, indica, e dunque è su questi che si concentra nelle sue comunicazioni al Parlamento (stamattina si è rivolto al Senato e nel pomeriggio replicherà alla Camera) in vista del vertice Ue.
Sulla questione dei migranti, l’Italia chiederà ai partner di impegnarsi per una accoglienza condivisa dei richiedenti asilo. Quelli che ne hanno diritto saranno accolti comunque, garantisce Renzi, perché anche se il regolamento di Dublino contiene il “principio profondamente sbagliato” di assegnare la competenza esclusiva allo Stato di primo approdo, il nostro Paese rispetta le regole. Regole che per essere cambiate necessitano di un consenso “che oggi non c’è – sottolinea il capo dell’esecutivo – e non credo ci sarà neppure domani”.
Si mostra pragmatico, il premier. Non insegue sogni irrealizzabili – almeno nel medio termine – perché sa che “come in Italia, anche negli altri Paesi c’è chi punta sulla paura” per guadagnare consenso elettorale sul tema dell’immigrazione. È una delle opzioni per affrontare la questione, indica, ma gli contrappone una seconda via: elaborare un piano “solido, come fa un grande Paese”.
In cosa consista questo piano è presto detto: accoglienza per chi ha diritto allo status di rifugiato, ma – e qui il premier si rivolge anche plasticamente alla sinistra dell’Aula, al suo partito – “non possiamo più avere paura del concetto di rimpatrio”. Quindi, i migranti economici che non hanno titolo per ottenere asilo saranno rimandati in dietro, con “procedure che devono essere velocizzate” e attraverso nuovi accordi con i paesi di origine. Per questa finalità Renzi intende usare l’arma degli aiuti allo sviluppo. “Non si fanno accordi di cooperazione internazionale se non c’è la disponibilità a sottoscrivere accordi di rimpatrio”.
Sull’altro tema sensibile all’attenzione del Consiglio europeo, la trattativa sul debito di Atene, l’inquilino di Palazzo Chigi si rivolge “agli amici greci”, i quali “devono sapere che esiste una fortissima pressione” di chi vorrebbe utilizzare questa occasione “per chiudere i conti con la Grecia e per eliminare una volta per tutte la questione della sua presenza nella zona euro”. A fronte di questa realtà, però, in Europa esiste anche “una larga parte di dirigenti politici e istituzionali che faranno di tutto per aiutare” Atene. Un atteggiamento “giusto e doveroso”, sostiene Renzi, che invita però “il governo ellenico a compiere uno sforzo reciproco”.
L’appello è a realizzare le riforme richieste dai partner europei. È lo stesso percorso che, secondo il presidente del Consiglio, ha consentito all’Italia di “non stare più dalla parte del tavolo riservata agli studenti che devono dimostrare di fare i compiti”. Le riforme sono state “il vero fondo salva stati per l’Italia”, ha proseguito, ammonendo che “se questo vale per noi, deve valere per tutti gli altri”. Dunque, non c’è grande disponibilità a fare ulteriori sconti in vista di un accordo sul debito greco. Intesa che “potrebbe non arrivare nel corso del Consiglio europeo – avverte Renzi – ma la scadenza rimane comunque quella di fine mese”.
Un altro elemento su cui si poserà l’attenzione dei 28 riguarda il rapporto dei 5 presidenti – quello del Consiglio europeo, dell’Eurogruppo, della Commissione, del Parlamento di Strasburgo e della Bce – che secondo il premier “non brilla per ambizione” perché “non si preoccupa di impostare una riflessione sul futuro delle istituzioni europee, ma si limita a una sostanziale manutenzione dell’esistente”.
Infine un passaggio distensivo sulla Russia. Il premier ricorda che il summit prevede una discussione sulla politica di difesa e sicurezza comune, alla presenza del segretario generale della Nato Jens Stoltemberg. Annuncia che l’Italia si presenterà come “un paese che crede nell’Alleanza atlantica”, ma invita i partner a non immaginare che questo “si possa tradurre in una riedizione di una guerra fredda 2.0”. In altre parole, “chiediamo che ci sia il rispetto totale degli accordi di Minsk da tutte le parti impegnate”, ma non può essere questa la chiave per “tentare di aprire una pagina nuova nei rapporti tra l’Unione europea e la Russia”. A scanso di equivoci, il premier avverma di credere “sia giusto il percorso sanzionatorio fin qui adottato”, ma precisa che “non è immaginabile per nessuno pensare di usare la Nato in una funzione che sarebbe stata antistorica venti anni fa e lo è a maggior ragione oggi”.