Roma – Sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che potrebbe dare il via libera alle fasi in acque libiche della missione europea contro gli scafisti “c’è un atteggiamento costruttivo da parte di Russia e Cina”. E’ ottimista il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, sulla possibilità che si arrivi a creare quel quadro di legittimità internazionale che consentirebbe all’Ue di rendere operative tutte le fasi della missione contro i trafficanti di migranti lanciata ieri dall’Ue. Mosca e Pechino, il cui sostegno è indispensabile perché, come Francia, Regno unito e Usa, hanno diritto di veto su ogni decisione, “sono molto attente a specificare che non c’è alcuna autorizzazione a interventi militari in Libia”, per questo chiedono una formulazione più precisa del testo, indica Gentiloni. Secondo il ministro, arrivare a un accordo al Palazzo di Vetro non sarà un problema: “Si tratta di limare alcune parole”.
Per avviare le fasi due e tre della missione, ricorda Gentiloni, è necessaria “una risoluzione in sede Onu che costituisca un quadro di legittimazione” per le operazioni, la quale deve essere accompagnata da una formale richiesta di intervento da parte delle autorità libiche. Questione ben più complicata. Si tratta di “un passaggio cruciale”, sostiene il titolare della Farnesina, senza il quale la missione europea non potrà operare nelle acque territoriali del Paese nord africano (tanto meno sulla terra ferma). Il problema è stabilire quali autorità devono formulare la richiesta.
“Stiamo lavorando su un doppio binario”, annuncia Gentiloni. Il primo prevede lo scenario ottimale, quello in cui si riesca a trovare un accordo tra Tobruk e Tripoli per la formazione di un governo di unità nazionale. In questo caso, il nuovo esecutivo formulerebbe la richiesta di aiuto e non ci sarebbero problemi. Il secondo scenario è decisamente più complesso: la domanda di intervento verrebbe presentata dal governo di Tobruk, che è quello ufficialmente riconosciuto, ma la missione si scontrerebbe con l’opposizione delle autorità di Tripoli, le quali controllano proprio la zona dalla quale provengono la maggior parte delle imbarcazioni cariche di migranti. Un problema non da poco, tanto che questa seconda soluzione potrebbe non essere accettata a livello internazionale, come riconosce lo stesso ministro.