Roma – “Ci attendiamo che la prima ricollocazione di migranti venga avviata al più presto e che già da luglio prossimo possa divenire una realtà operativa. È quanto ho chiesto e fin qui mi è stato assicurato negli incontri europei a cui ho partecipato”. Lo riferisce il ministro degli Interni, Angelino Alfano, ai senatori della commissione Affari costituzionali, nell’ambito di una indagine conoscitiva sui flussi migratori.
Per Alfano, il principio di redistribuire tra gli Stati membri i richiedenti asilo, “sebbene in via straordinaria e temporanea, rappresenta una breccia nel muro di Dublino”. Il capo del Viminale definisce così il regolamento europeo sul diritto di asilo che, a suo avviso, “ha di fatto recintato i Paesi di primo ingresso” dei migranti. La revisione di questo accordo, dunque, rimane “l’obiettivo strategico” dell’Italia sul lungo periodo.
Un target che al momento appare pressoché irraggiungibile, anche allo stesso Alfano. “Non nascondo le difficoltà e le incertezze politiche” che si registrano in Europa sul tema dell’immigrazione, ammette il ministro, riferendosi “ai rigurgiti di nazionalismo che alimentano ipotesi di chiusura”.
Del resto, anche lo stesso accordo tra gli Stati membri sulla redistribuzione dei rifugiati, non raccogliendo del tutto la proposta della Commissione europea, evidenzia le resistenze di diverse cancellerie, tanto da far dubitare che l’iniziativa legislativa per istituire un meccanismo obbligatorio e automatico di riallocazione – la cui presentazione dovrebbe arrivare entro fine anno – riesca a vedere la luce. Per questo “è chiaro che dobbiamo lavorare di più e fare meglio”, sostiene il titolare degli Interni, sottolineando però la parte mezza piena del bicchiere: “Siamo riusciti ad avere dall’Unione europea un’attenzione che non ha precedenti e abbiamo ottenuto più di quanto sia stato mai ottenuto in passato” sul fronte dell’immigrazione, precisa.
Alfano allarga poi lo sguardo al complesso delle misure per la gestione dei flussi migratori. In questo ambito, “i rimpatri sono uno strumento essenziale per la chiusura del cerchio di tutta la strategia europea”, sostiene, perché “una volta effettuato il discernimento tra chi ha diritto allo status di rifugiato e chi no, il meccanismo funziona se i rimpatri funzionano”.
Una sottolineatura non casuale, dal momento che l’Italia è sul banco degli imputati proprio per la scarsa efficienza nell’identificare e rimpatriare chi non ha i requisiti per ottenere asilo. Su questo punto il ministro annuncia un maggiore impegno, con la previsione di non chiudere i Cie (Centri di identificazione e espulsione) e di accelerare l’iter per la valutazione delle richieste di asilo, anche grazie al sostegno dei partner europei.
Riguardo alle cifre, Alfano ridimensiona l’allarme. Riporta che da inizio anno sono stati registrati 59.600 sbarchi, cifra quasi identica allo stesso periodo del 2014. Ad essere aumentate sensibilmente sono le richieste di asilo. Da gennaio ne sono già state esaminate oltre 22 mila, con un incremento del 49% rispetto all’anno passato, e quasi la metà (48%) sono state respinte. La suddivisione dei migranti per nazionalità vede gli eritrei in testa (25%), seguiti da nigeriani (10%), somali (9%) e siriani (7%).