La vicenda del negoziato tra la Grecia e i suoi creditori sta volgendo al termine. Almeno, questa tappa potrebbe concludersi giovedì al Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo. Poi ci saranno ancora mesi, anni di aggiustamenti, cambieranno i governi ad Atene e nelle capitali europee, altri scossoni ci saranno, sarebbe ingenuo pensare che tutto possa concludersi nelle prossime ore. Anche perché il grosso del debito greco dovrà essere pagato dal 2024 in poi, e per quella data o l’economia avrà ripreso a funzionare o inevitabilmente si ripartirà da zero. Ma nove anni in politica sono un termine lontanissimo, purtroppo, e quei problemi li si esaminerà a loro tempo.
Se si arriverà a dire “va bene, abbiamo un’intesa e ora cominciamo a metterla in pratica” sarà una grande vittoria dell’Unione. Sarà una vittoria politica che consiste nel fatto che i Paesi “ricchi” e spesso creditori di Atene anteporranno ai loro interessi di cassa immediati e diretti il bene comune dell’Unione. E’ vero, la Grecia si è comportata molto male, da sempre, ed anche il governo di Alexis Tsipras ha avuto un atteggiamento negoziale poco chiaro, fumoso, anche se il suo obiettivo era chiaro sin dall’inizio: trovare un’intesa tra i leader, che vada oltre i conti fatti dai funzionari comunitari e del Fondo monetario internazionale che, in mancanza di direttive politiche, non potevano che attenersi alle loro procedure contabili. Nelle quali, va ricordato, hanno anche commesso degli errori tecnici che alcuni di loro hanno riconosciuto.
La Grecia, per la sua storia amministrativa, non merita di essere “salvata”. Per anni e anni i governi, di centrosinistra, e soprattutto di centrodestra, hanno legiferato come se fossero alla guida del Lussemburgo (dove, per inciso e per dare un’idea, il salario minimo supera i 1.800 euro). Pensioni elargite a età giovanissime, trattamenti di estremo favore per molte categorie di lavoratori, inimmaginate in altri Paesi europei. Andrebbe benissimo, figurarsi, se ci fossero stati i soldi per farlo. Ma non c’erano. I soldi erano in qualche banca straniera e nelle casse di qualche categoria imprenditoriale, che se li è sempre tenuti ben stretti, come gli armatori, che per Costituzione non pagano tasse sui loro profitti esteri. La corruzione è un fatto endemico, che riguarda grande parte del Paese. L’Europa sapeva tutto questo, come sapeva che i conti dell’Istituto greco di statistica erano truccati, ma si lasciò fare finché la bolla non è esplosa, e non poteva non farlo. E i cittadini greci, diciamo anche questo, fidandosi dei loro governanti di un tempo, non si sono mai posti troppi problemi, per anni. Fin quando, stretti nella morsa della mancanza di medicine, di lavoro, di cibo hanno deciso di voltare completamente pagina e di affidarsi, per ora, alla coalizione di “estrema” sinistra guidata da Tsipras.
A sentire gli osservatori tedeschi qui a Bruxelles “è impossibile cambiare i greci, continueranno come hanno sempre fatto”. E’ la teutonica memoria corta, che dimentica il male fatto proprio dalla Germania nazista all’Europa e al suo popolo. Ma la Germania è saputa risorgere, è una solida democrazia ora e come i tedeschi anche i greci possono essere capaci di fondare un nuovo stato, più efficiente, meno corrotto.
La scommessa che stanno facendo ora i capi di governo dell’Unione è proprio questa. Nonostante tanti mugugni che vengono dai Paesi del Nord, o dalla Spagna che teme che darla vinta a Tsipras aprirà le porte del governo di Madrid a Podemos alle elezioni di novembre, come se i segnali delle recenti votazioni non dimostrassero quanto sgradito è il governo in carica.
Il fatto è che non la si darà vinta a Tsipras, ma all’Unione tutta (che ha i suoi importanti vantaggi nel non veder disgregarsi la Zona euro), e la Grecia dovrà continuare, per anni e anni, a riformarsi, in un percorso che resterà doloroso, ma si spera sostenibile e fruttuoso. La Grecia è stata il monello d’Europa (uno dei monelli) e la forza che si sta dimostrando dai vertici politici è che dopo anni di errori drammatici, fatti soprattutto per seguire la linea della cancelliera tedesca Angela Merkel, ci si rende conto che nessuno può essere abbandonato, che l’Unione deve fare quadrato e, con una scelta politica decidere di fare il necessario per creare le condizioni per le quali Atene possa ripartire.
L’accordo non è ancora fatto, non ne sappiamo i dettagli e neanche alcune parti molto importanti, come che fine farà il debito. Da giovedì, se la firma ci sarà, toccherà a Tsipras dimostrare che sa governare e sa riportare la Grecia sui binari giusti dell’equità sociale e della crescita economica.