Bruxelles – “Un sistema giudiziario criminale, che include impunità, tortura, detenzione arbitraria, giustizia militare, mancanza di diritti durante i processi e di indipendenza della magistratura”. E ancora “violenza causata da discriminazioni di genere, minacce contro i difensori dei diritti umani e giornalisti, e necessità di dare maggiori diritti alle minoranze più vulnerabili, in particolare gli indigeni e i migranti”. La descrizione contenuta all’interno del Rapporto 2014 sui diritti umani e la democrazia nel mondo non riguarda qualche stato mediorientale “nemico” dell’Europa, ma un Paese con il quale l’Unione ha appena concluso il suo settimo vertice bilaterale, il primo dal 2012. Si tratta del Messico, uno dei principali partner strategici dell’Ue, che nel Paese centroamericano investe complessivamente 145 miliardi di dollari, pari al 40% del totale degli investimenti stranieri.
Le 384 pagine del Rapporto 2014 sui diritti umani sono state approvate oggi dal Consiglio dei ministri Ue degli Affari esteri, confermando quindi il forte impegno dell’Unione sul rispetto delle libertà civili, denunciando le gravi violazioni che si registrano ogni giorno in Messico. Eppure, il 12 giugno, il presidente messicano Pena Nieto era stato accolto a Bruxelles dai presidenti di Consiglio europeo e Commissione, Donald Tusk e Jean-Claude Juncker, a margine del vertice Ue-Celac (la Comunità degli Stati dell’America latina e dei Caraibi) per un incontro bilaterale. “Riconosciamo che il nostro forte rapporto è basato sui valori comuni di democrazia, rispetto dei diritti umani, rispetto della legge, libertà fondamentali, dialogo sociale, così come mercati aperti, regole basate sul sistema internazionale, pace e sicurezza” si legge nel documento conclusivo dell’incontro. Parole che stridono con il contenuto del Rapporto sui diritti umani, tanto è vero che né Tusk né Juncker se la sono sentita di confermarle durante la conferenza stampa finale del summit Ue-Messico. Nessuno dei due si era preso la responsabilità di rispondere alle domande dei giornalisti sull’argomento e, visibilmente imbarazzati, avevano spostato la discussione sul Venezuela. “I diritti umani sono al primo posto nell’agenda politica del Governo” aveva poi risposto Pena Nieto, che dopo aver salutato i vertici Ue era stato ricevuto anche da altri capi di Stato e di governo europei, fra cui anche Matteo Renzi.
La questione dei diritti in Europa sembra quindi esser prioritaria solo all’interno dei lunghi rapporti annuali delle varie commissioni più o meno istituzionali, mentre nei fatti l’Ue fatica a far combaciare le parole con la pratica. Solo nel 2014, in Messico sono scomparse 5.204 persone, e fino al 30 aprile di quest’anno il bilancio è già di 1.329. Sempre di più sono le ong e gli attivisti che denunciano violazioni continue dei diritti umani nel Paese, così come fa l’Unione, ma solo a parole.