Bruxelles – Le navi, gli aerei e i droni della missione europea contro gli scafisti in Libia potrebbero essere già in mare e in cielo entro la fine di questo mese. Tutto dipenderà dalla riunione dei ministri degli Esteri del prossimo lunedì, che sarà chiamata a lanciare ufficialmente l’operazione a cui era già arrivato un consenso politico da parte dei Ventotto un mese fa. Ora si tratta di mettere mano alle carte e trovare un accordo preciso sulle oltre 700 pagine di piano operativo della missione, in queste ore allo studio delle capitali. “Per ora non ci siamo ancora, saremo a circa l’80% di accordo ma ci sono altri dettagli da fissare da qui a lunedì”, spiega una qualificata fonte europea. Ma il compito non sembra impossibile. “È probabile – continua la fonte – che tutto sarà risolto entro domenica e che lunedì si riesca ad avere sul tavolo l’atto giuridico per lanciare la missione”. A quel punto sarebbe questione di ore: l’operazione “potrebbe partire già una settimana dopo la decisione degli Stati”.
In queste ore si sta anche definendo di quante navi, aerei e droni si stia esattamente parlando e da quali Paesi arriverebbero tra i “parecchi” che hanno dato la loro disponibilità. Anche alcuni Paesi terzi hanno già manifestato interesse per l’operazione quindi si discuterà con Tunisia ed Egitto in primis ma anche con altri governi della regione. L’obiettivo sarà avere “una conoscenza esatta di quello che fanno i trafficanti, saperne di più con tutti i diversi mezzi” di quanto accade in Libia dove ci sono “molti movimenti e molte armi, di ogni genere”.
Attenzione però, quella che potrebbe prendere il via a stretto giro è soltanto la fase uno della missione immaginata dall’Alto rappresentante per la politica Estera Ue: quella cioè che prevede un lavoro di monitoraggio e valutazione delle reti di traffico di esseri umani nel Mediterraneo centrale e meridionale. Per la fase due, che prevede l’individuazione e l’eliminazione delle imbarcazioni degli scafisti in acque internazionali, si dovrà nuovamente passare dalla riunione dei responsabili delle diplomazie Ue che dovranno nuovamente discutere e dare un via libera per l’evoluzione della missione. Lo scoglio più difficile sarà, come noto, il passaggio alla pianificata fase tre, che prevede interventi anche in acque territoriali libiche e lungo le coste del Paese. Per questo occorre il via libera del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che è ancora di là da venire.
A facilitare molto la situazione potrebbe essere la formazione di un governo di unità nazionale in Libia, su cui si stanno concentrando tutti gli sforzi internazionali, sotto la guida dell’inviato speciale delle Nazioni Unite, Bernardino Leon. Il compito è arduo ma l’Ue si dice “relativamente ottimista”: la riunione dei negoziati la scorsa settimana a Berlino, fanno notare da Bruxelles, “è stata più positiva del solito, le parti hanno accolto positivamente l’ultima bozza e ci avviciniamo ad un accordo”. Anche con la nascita di un governo “non potremmo garantire nulla ma sicuramente sarebbe molto più facile ottenere un’autorizzazione” per mettere in atto in tutte le fasi la missione europea. Anche se l’esito sperato nei negoziati non dovesse esserci, però, “non vuole per forza dire che non ci sarà un consenso libico sull’operazione”, spiegano ancora fonti europee, secondo cui anche dopo un eventuale insuccesso di Leon, si “continuerà a lavorare” con il governo di Tobruk riconosciuto a livello internazionale, ma senza escludere contatti anche con il governo di Tripoli.