Bruxelles – La “better regulation” non convince. Troppe le incombenze burocratiche, troppi i passaggi attraverso gruppi d’esperti, troppe le competenze specifiche che vengono richieste anche ai singoli cittadini dell’Unione. Il pericolo all’orizzonte è quello di rallentare e complicare considerevolmente il processo legislativo e di consegnare il potere nelle mani di funzionari ed esperti. Al punto che il pacchetto “legiferare meglio” potrebbe generare il paradosso secondo cui ogni istituzione diventerebbe più forte, ma l’insieme delle istituzioni sarebbe più debole. A sostenerlo sono accademici, esperti e lobbisti riuniti a Bruxelles per il convegno “Better law-making: more or less Eu labyrinth?” (Legiferare meglio: più o meno labirinto Ue?), con lo scopo d’analizzare la proposta presentata il 19 maggio dal primo vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans.
“Stiamo andando verso un sistema in cui la legislazione primaria è sempre più leggera, mentre il vero potere decisionale è affidato alla legislazione secondaria” ha spiegato Daniel Guéguen, ex lobbista oggi professore al College of Europe di Bruges e all’Università libera di Bruxelles. La legislazione primaria è quella prodotta attraverso i trattati dell’Unione ma anche i regolamenti e le direttive proposte dalla Commissione che poi, nella quasi totalità dei casi, vengono approvate sia dal Consiglio che dal Parlamento europeo. La legislazione secondaria, invece, è frutto di tutti quei procedimenti considerati più tecnici, come gli atti delegati e gli atti esecutivi. La grande novità proposta da Timmermans è di rendere la legislazione secondaria più trasparente mettendo i documenti online e aprendo una consultazione pubblica di quattro settimane prima dell’approvazione di ogni atto. L’opinione degli esperti, però, è che dietro questa maggiore nitidezza si nasconda il pericolo di sommergere il Parlamento europeo e gli stakeholder di una mole ingestibile di documenti, così da rendere di fatto impossibile un effettivo controllo da parte loro.
Un altro dei cardini del pacchetto “better regulation” è la “sistematizzazione” delle analisi d’impatto, che dovrebbero essere effettuate da Consiglio e Parlamento anche quando questi avessero intenzione di proporre emendamenti sostanziali. “Ma davvero ne abbiamo bisogno? – ha commentato Olivier Costa, direttore del Dipartimento di studi europei politici e amministrativi al College of Europe di Bruges –. Ricordiamoci che gli europarlamentari sono dei politici e hanno il diritto di sbagliare e scrivere magari un emendamento che non abbia senso. Perché se sbaglieranno non verranno più eletti”. “L’obiettivo dovrebbe essere quello di fare proposte chiare attraverso un processo trasparente, ma le analisi d’impatto vanno proprio nel senso esattamente contrario – ha aggiunto Jorgo Riss, direttore dell’Unità europea di Greenpeace -. Possono esserci analisi d’impatto sui profitti generati e sulla perdita di questi profitti, sul fatto agire e sul non agire. È chiaro che questo processo sarà presto completamente fuori controllo”.