Bruxelles – Un muro alto quattro metri e lungo 175 chilometri al confine con la Serbia. L’Ungheria sembra fare sul serio e per bloccare il flusso di migranti in arrivo lungo la cosiddetta “rotta dei Balcani” ha deciso di passare alle maniere forti. “Il Governo ha ordinato al ministero dell’Interno di chiudere fisicamente il confine con la Serbia” ha dichiarato il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, con una retorica che ricorda i tempi bui che l’Europa preferirebbe dimenticare. Entro mercoledì, Budapest renderà note nel dettaglio le tappe necessarie alla costruzione di una barriera lungo tutta la frontiera con la Serbia, il cui scopo dichiarato sarà di “tenere fuori i migranti”.
Una nuova bufera si abbatte quindi sul primo ministro Viktor Orban, già duramente criticato per diverse sue prese di posizione sulla pena di morte e sui diritti civili. Il “dittatore” ungherese, così come l’ha più o meno ironicamente chiamato il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, era stato al centro delle polemiche anche per una consultazione sotto forma di questionario inviata a 8 milioni d’ungheresi intitolata “immigrazione e terrorismo”. Non è un segreto che il premier sia favorevole a una politica di stretto controllo dei flussi migratori, tanto è vero che è stato fra i primi ad opporsi al piano di redistribuzione dei profughi fra gli Stati membri, definendo la proposta “assurda e quasi malsana”.
L’Ungheria ha stimato che nel 2014 sarebbero arrivate nel Paese oltre 50mila persone. Una cifra effettivamente realistica, considerato che secondo il Servizio di ricerca del Parlamento europeo lo scorso anno sono stati 43.357 gli immigrati irregolari che, dopo aver attraversato i Balcani occidentali, sono stati scovati dalle forze dell’ordine europee. La tesi di Budapest è che la costruzione del muro non violerebbe nessun regolamento o convenzione internazionale, anche perché iniziative analoghe si possono osservare sulla frontiera fra Grecia e Turchia o in Spagna nelle enclave del nord Africa. Il Governo ci ha poi tenuto a sottolineare che il progetto riscuote “il consenso della popolazione” magiara e che i vicini serbi verranno informati dei dettagli sull’iniziativa durante una riunione prevista per il primo luglio. “Di tutti i Paesi dell’Unione europea – ha dichiarato il ministro Szijjarto – l’Ungheria è quello che subisce la più forte pressione migratoria. Una risposta comune dell’Ue a questa sfida richiede troppo tempo e l’Ungheria non può più aspettare. Deve agire”.
Mentre Orban passa alle maniere forti, tocca all’Onu sferrare il primo contrattacco mediatico. L’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha lanciato in Ungheria una campagna sui rifugiati “di successo” per sensibilizzare l’opinione pubblica. Già nella giornata di martedì, in diverse stazioni della metropolitana di Budapest sono stati affissi dei cartelloni raffiguranti storie di ex rifugiati ormai perfettamente integrati nella società ungherese. “Vogliamo che gli ungheresi capiscano che i rifugiati sono persone come loro che si sono ritrovate in circostanze eccezionali – ha spiegato Kitty McKinsey, portavoce dell’Unhcr in Europa Centrale – Non siamo in lotta con il Governo. Siamo qui per sostenere il Governo nell’aiutare i rifugiati”. La campagna mediatica dell’Onu non ha però trovato impreparato l’esecutivo di Viktor Orban, che invece ha fatto affiggere dei manifesti di tutt’altro tenore con scritte come “Se vieni in Ungheria, non puoi rubare il lavoro agli ungheresi”, oppure “Se vieni in Ungheria, devi rispettare le leggi”.