Roma – “Ci faremo sentire: se il Consiglio europeo sceglierà la solidarietà, bene, se no abbiamo pronto il piano B”. Il premier Matteo Renzi sta pensando a strade alternative per la soluzione dell’emergenza migranti, viste le resistenze verso l’Agenda proposta dalla Commissione europea, che sarà esaminata domani dalla riunione dei ministri degli Interni Ue e al Consiglio del 25 e 26 giugno. Una via di fuga valida anche nel caso in cui le conclusioni dei 28 si posizionassero su un compromesso al ribasso rispetto alle attese italiane.
Il piano che l’esecutivo sta elaborando passa per accordi separati con i partenr più grandi – Francia, Germania, Gran Bretagna in testa – per concordare deroghe al regolamento di Dublino, il quale assegna allo Stato di primo approdo l’onere dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Di questo il premier parlerà già in settimana con il presidente francese Francois Hollande e il primo ministro britannico David Cameron, attesi in Italia per visitare l’Expo 2015 di Milano. Renzi vuole ottenere l’applicazione dell’articolo 17 del Trattato, che “per motivi umanitari e caritatevoli” contempla la possibilità che un altro Stato membro prenda in esame le domande di asilo rivolte al Paese di primo approdo.
Sul fronte delle migrazioni per motivi economici, il governo lavora invece a rimpatri più rapidi grazie ad accordi economici con i Paesi di provenienza. Ce ne sono già con Egitto, Tunisia, Nigeria e Marocco, se ne sta perfezionando uno con il Gambia e si sta trattando con Costa d’Avorio, Senegal e Bangladesh. Ma è sul fronte libico che l’italia spera di avere presto novità, dopo che l’inviato speciale dell’Onu, Bernardino Leon, ha fatto sapere all’esecutivo che attende per mercoledì prossimo la risposta dalle fazioni libiche sul suo piano per l’istituzione di un governo di unità nazionale. Per Roma (e per l’Europa), un successo vorrebbe dire avere un interlocutore ufficiale per concordare la gestione dei flussi migratori, con l’idea di aprire campi profughi sul posto per valutare le richieste di asilo prima che gli aspiranti attraversino il Mediterraneo.
Per rafforzare il sistema dei rimpatri e riuscire a dare una sistemazione temporanea ai migranti, il governo sta pensando di portare i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) alla capacità di 2.000 posti, e di requisire alcune caserme abbandonate da adibire temporaneamente all’accoglienza. Sarebbero due le strutture individuate in Veneto, a cui si aggiungerebbero una a Civitavecchia, una a Brescia e un’altra a Messina.
Al piano B sembra dunque si stia lavorando alacremente, perché l’eventualità di un naufragio dell’Agenda europea per le migrazioni è tutt’altro che remota. Lo dimostrano le scarse aspettative di riuscita del Consiglio Affari Interni in programma domani a Lussemburgo, al quale il ministro Angelino Alfano si presenta dichiarando che “non siamo più disponibili ad accettare un’Europa che, invece di prendersi per mano, fa a pugni”.
“Non siamo al corrente di alcun piano B”, si limita a commentare per il momento la portavoce dell’esecutivo Ue, Natasha Bertaud. “C’è chi dice che con la sua proposta la Commissione si è spinta troppo oltre, chi dice che non è abbastaza. Noi – aggiunge – pensiamo d iavere trovato un buon equilibrio e lo difederemo al consiglio Interni e al Consiglio europeo”. Anche nella sua parte più controversa e cioè l’obbligatorietà del sistema di redistribuzione dei migranti tra i Paesi Ue: “Vogliamo che il sistema di ricollocazione sia obbligatorio”.