Bruxelles – Molti impegni economici ma poco coraggio politico. Il secondo summit Ue-Celac (Comunità di stati Latinoamericani e dei Caraibi) si è concluso fra sorrisi e buone speranze, nell’intenzione di dare un nuovo slancio all’accordo strategico che lega ormai da 16 anni le due regioni che ospitano il 15,5% della popolazione mondiale. “Incontro molto positivo” è stata la definizione unanime dei rappresentanti dei 61 Stati che hanno preso parte all’incontro internazionale. Ma dietro alle dichiarazioni di circostanza, in più occasioni quell’oceano che separa i due continenti è apparso rappresentare non solo una barriera fisica, ma anche la distanza fra due modelli economici agli antipodi. Uno, quello europeo, che ha come faro il liberalismo a tutto tondo, l’altro, quello sudamericano, che invece punta alla redistribuzione della ricchezza e al controllo degli scambi commerciali.
“Grazie per la qualità dei vostri interventi e per la franchezza con la quale avete condiviso le vostre opinioni” ha commentato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, rivolgendosi ai colleghi e dichiarando la fine dei lavori co-presieduti da lui e dal presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, presidente pro-tempore della Celac. “È chiaro che non siamo d’accordo su tutto, è naturale. Fra i nostri 28 Stati membri siamo spesso in disaccordo, e immagino che anche fra i vostri 33 Paesi non ci sia sempre l’unanimità – ha continuato Tusk -. A volte le cose importanti non sono contenute nell’accordo finale, ma ci aiutano a conoscerci meglio fra di noi. Finisco questo summit non con la percezione che abbiamo concluso tutto, ma con la sensazione che c’è ancora più lavoro da fare e con la forte volontà di portare avanti questo lavoro”.
L’idea di tagliare tutti i possibili ostacoli al commercio fra le due regioni, non sembra entusiasmare i Paesi della Celac. Il modello seguito dall’Europa nei suoi negoziati con gli Stati Uniti per la firma del Ttip, il partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, non trova una sponda altrettanto disponibile nell’America latina, che per bocca del presidente Correa ha anche criticato gli arbitrati internazionali come l’Isds. “Tutti vogliamo il commercio, ma deve essere mirato allo sviluppo – ha spiegato Correa –. Pensare che il libero mercato senza controlli vada bene a tutti è sbagliato, la storia lo dimostra. Dobbiamo firmare degli accordi avendo la prospettiva dello sviluppo, facendo attenzione soprattutto alle piccole e medie imprese”.
A fronte di una distanza ideologica evidente, i due giorni del summit sono stati però costellati da annunci di nuovi stanziamenti a favore dell’America latina e dei Caraibi. L’Unione europea ha messo a disposizione più di 800 milioni di euro per una serie di progetti che vanno dallo sviluppo sostenibile (230 milioni), al nuovo programma di finanziamento regionale (346 milioni), passando per gli investimenti strategici (118 milioni) e i progetti capaci di collegare le università attraverso le due sponde dell’Atlantico (81,5 milioni). Restano invariati, invece, i fondi già destinati alla cooperazione, pari a 2,5 miliardi. Altri 25 milioni, invece, saranno usati per costruire un cavo sottomarino di fibre ottiche che unirà Lisbona a Fortaleza, in Brasile. I lavori per realizzarlo dovrebbero cominciare quest’anno ed essere conclusi entro la fine del 2017, quando l’America latina ospiterà il prossimo summit Ue-Celac. Nel frattempo, invece, a incontrarsi saranno i ministri degli Esteri dei 61 Paesi, così come deciso dai capi di Stato per “garantire la rapida attuazione delle raccomandazioni” fatte al vertice appena concluso.
Nella dichiarazione finale del vertice, il cui tema era “Modellare il nostro futuro comune: lavorare per delle società prospere, connesse e sostenibili per i nostri cittadini”, i leader mondiali hanno puntato su tre temi principali: rafforzare il dialogo politico, soprattutto su tematiche cruciali come il cambiamento climatico e la lotta al narcotraffico; modernizzare e completare i legami economici fra le due regioni e dare vita a un nuovo tipo di cooperazione, più equo e basato sullo scambio di conoscenze. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi è stato elaborato anche un piano d’azione organizzato attorno a otto punti, fra cui la ricerca tecnologica, lo sviluppo sostenibile, l’ambiente e l’immigrazione.
Solo un accenno, invece, alle questioni politiche più spinose sollevate dal presidente Correa a nome di tutta la Celac: “L’occupazione illegale” di Guantanamo da parte degli Stati Uniti e la volontà, sempre degli Stati Uniti, d’imporre delle sanzioni unilaterali al Venezuala perché ritenuto un pericolo per la sicurezza nazionale degli Usa. “Ribadiamo il nostro impegno per una risoluzione pacifica delle dispute territoriali” e “prendiamo atto” della dichiarazione della Celac sul Venezuela, hanno scritto laconicamente i capi di Governo.