Roma – Entro oggi, Uber dovrà inibire in Italia l’app con la quale gli utenti possono prenotare il servizio perché si tratta di una forma di concorrenza sleale nei confronti dei tassisti. Il blocco era stato deciso dal tribunale di Milano lo scorso 26 maggio, e stamattina lo stesso tribunale ha respinto la richiesta di sospensiva, presentata dalla società statunitense in attesa che venga esaminato il ricorso il prossimo 7 luglio. L’azienda è dunque obbligata allo stop dell’applicazione per smartphone, pena una multa di 20 mila euro al giorno.
Nella disposizione di blocco adottata a maggio – avvenuta in seguito a un esposto presentato dalle organizzazioni sindacali dei tassisti, locali e nazionali – l’app è stata definita dal giudice “un vero salto di qualità nell’incrementare e sviluppare il fenomeno dell’abusivismo”, poiché “interferisce con il servizio taxi organizzato dalle società, svolto dai titolari di licenze”. Secondo il tribunale, infatti, “la richiesta di trasporto trasmessa dall’utente mediante l’app appare di fatto del tutto assimilabile al servizio di radio taxi”, con la differenza che a effettuare il servizio di trasporto non è un tassista con regolare licenza, ma qualsiasi cittadino decida di aderire alla piattaforma mettendosi a disposizione come conducente con la propria auto. Si tratterebbe dunque di concorrenza sleale, dal momento che “la mancata soggezione degli autisti Uber Pop ai costi inerenti al servizio taxi consente l’applicazione di tariffe sensibilmente minori” rispetto a quelle dei taxi normali.
Analoghe decisioni sono già state prese in diversi paesi europei, come Germani, Francia e Spagna, e la società americana si è rivolta alla Commissione europea proprio perché ritiene che tali blocchi violino il principio di libera concorrenza tanto caro all’esecutivo comunitario. Secondo Uber, infatti, i Paesi che bloccano l’applicazione “agiscono per proteggere il tradizionale monopolio dei taxi”. Ma il cammino per l’azienda appare tortuoso, anche perché non è chiaro se si configuri come una società di servizi – in questo caso le regole europee sono molto puntuali – o di trasporti, materia sulla quale la discrezionalità degli Stati è molto più ampia.