Roma – “La mia presenza qui vuole essere un messaggio forte: in questo difficile momento e con questa pressione così forte sul sistema dell’accoglienza” dei migranti, “l’Italia non è sola”. Il commissario europeo per l’immigrazione Dimitris Avramopoulos, incontrando a Roma il ministro dell’Interno Angelino Alfano, conferma che “la Commissione e l’Europa tutta intendono aiutare” il nostro Paese. A tal proposito, annuncia che “43 esperti europei di asilo arriveranno in Italia per lavorare con le autorità sul posto”. Ma il vero sostegno dovrà arrivare dall’Agenda europea per le migrazioni. Sarà “un test” per l’Ue, sostiene Avramopoulos, promettendo che non ci sarà “alcun passo indietro” sulla proposta della Commissione che deve essere discussa e approvata dal Consiglio europeo, dove pure ci sono resistenze da parte di alcuni governi.
Per vincerle, Avramopoulos richiama gli Stati membri alla solidarietà, e ricorda loro che “la forte pressione che oggi debbono subire Italia e Grecia può, un domani, estendersi ad altri paesi”. Tuttavia, aggiunge, “se il reinsediamento e la ricollocazione dei migranti funzionerà, sarà importante per il futuro” dell’Unione.
Per Alfano, “è importante essere riusciti a rompere il muro di Dublino” chiamando i partner europei ad accogliere una parte del flusso migratorio. Secondo il ministro, “non è solo il Paese di primo ingresso a doversi far carico dei migranti” – come è attualmente previsto dal regolamento di Dublino – ma il meccanismo contenuto nell’Agenda è comunque insufficiente, perché “è difficile immaginare che siano solo 24 mila gli eritrei e i siriani da allocare in altri Paesi, e che questa possa essere la cifra giusta in due anni”.
In effetti, il numero di profughi sbarcati sulle coste italiane ha già superato i 55 mila da inizio anno (oltre duemila sono arrivati solo ieri), 8 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2014. Di questi, poco meno di 15 mila provengono dall’Eritrea o dalla Siria. Se il flusso dovesse proseguire con questo ritmo – è cruciale capire cosa accadrà nei prossimi mesi, quando l’estate garantirà le condizioni meteo più favorevoli per la traversata del Mediterraneo – alla fine del 2015 il numero di migranti a cui prestare assistenza potrebbe aggirarsi attorno ai 130 mila. E’ una cifra ben inferiore ai milioni di rifugiati nei campi profughi di Libano e Giordania, ad esempio, ma sufficiente a mettere in crisi il sistema dell’accoglienza italiano, sul quale in queste ore si sta sviluppando uno scontro tra regioni e governo.
Sono quelle guidate da Lega e Forza Italia a opporsi al meccanismo di redistribuzione su base regionale, che è gestito dal Viminale con l’ausilio dei prefetti. Il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, è arrivato a minacciare un taglio dei trasferimenti di risorse ai comuni che dovessero accogliere i migranti inviati dalle prefetture. Una posizione condivisa da suo collega di Partito Luca Zaia, riconfermato alla guida del Veneto, e dal neo eletto presidente della Liguria Giovanni Toti.
Dal G7 in Germania, Renzi li invita a “recuperare il buonsenso” perché, sottolinea, “è difficile andare in Europa e dire agli altri Paesi: accoglieteli voi” i richiedenti asilo, se le nostre Regioni non sono le prime a farlo. È questo il ragionamento del Premier, il quale precisa poi che ripartire su base regionale i migranti è “il metodo Maroni”, dal momento che era lo stesso governatore lombardo a ricoprire il ruolo di ministro dell’interno quando fu studiato questo sistema.
Il capo dell’esecutivo dichiara poi di aver già anticipato con alcuni colleghi, durante la 2 giorni tedesca, la discussione sull’Agenda europea per le migrazioni che sarà sul tavolo al Consiglio del 25 e 26 giugno. Lì “cercheremo di portare a casa risultati”, annuncia Renzi, il quale dice di aver spiegato “a Juncker, Hollande, Cameron, Merkel” che “questo piano di 24 mila posti è insuffciente” per l’Italia, e dunque “c’è la necessità di fare di più”.