Bruxelles – A pochi giorni dal fatidico voto in Plenaria della relazione sul Ttip, il trattato di libero scambio tra Europa e Stati Uniti, continuano frenetiche le trattative sul punto più controverso dell’accordo: l’Isds (Investor-State Dispute Settlement schemes), il meccanismo per la risoluzione delle dispute tra Stato e investitori. Dopo le vibranti proteste di una parte del gruppo S&D, minoritaria ma molto determinata, i socialisti hanno deciso di presentare un emendamento alla relazione del tedesco Bernd Lange (anche lui socialista), firmato dallo stesso Lange insieme all’inglese David Martin, che chiede di inserire nella risoluzione un chiaro riferimento alla scomparsa dell’Isds, riferimento che nel testo votato la settimana scorsa in Commissione Commercio internazionale non c’era. “Abbiamo dato mandato a Lange di trattare con popolari e liberali e solo martedì sera sapremo la loro decisione e su di essa si baserà il nostro comportamento in Aula”, spiega l’eurodeputato del Pd, Antonio Panzeri, uno dei sostenitori di questo emendamento. “Se con Ppe e Alde non si troverà un accordo alcuni potrebbero decidere di votare comunque la relazione per non buttare a mare tutto il Ttip. Io personalmente credo che se presentiamo l’emendamento dobbiamo andare fino in fondo”.
Sono i socialisti inglesi, belgi, francesi, olandesi e austriaci i più ferventi sostenitori dell’emendamento anti-Isds, gli spagnoli sono spaccati in due e anche tedeschi e irlandesi divisi. Favorevoli al compromesso già votato in commissione i Paesi dell’Est, romeni in testa. Ma anche tra tra gli anti Isds le posizioni sono diversificate. L’emendamento Lage-Martin è infatti un emendamento piuttosto morbido, in cui si inserisce una frase chiara contro gli arbitrati privati, ma si afferma chiaramente che un tribunale terzo deve essere istituito per risolvere le dispute tra investitori stranieri e Stato, e che insomma non bastano i tribunali nazionali.
Una formula che chiuda del tutto agli arbitrati “non sarebbe gradita” ai popolari che non la voterebbero, spiega l’europarlamentare Ncd Giovanni La Via secondo cui “non si può abbandonare la linea dettata dalla commissaria Malmstroem, e un tribunale, seppur fortemente riformato, che tuteli le imprese nel rispetto del diritto nazionale ci deve essere”. “Poi – concede l’eurodeputato – lo si chiami pure in modo diverso, questo lo accettiamo, come dire chiamiamo la Corte d’appello Corte del ricorso. Ma la sostanza deve rimanere”.
E appunto nell’emendamento Lange la modifica afferma che bisogna “proporre una soluzione permanente per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stati – senza utilizzare il sistema privato di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (Isds) – che sia soggetta ai principi e al controllo democratici”, si legge nel testo. Insomma un tribunale terzo sì, ma fortemente riformato rispetto all’attuale, e soprattutto che non si chiami Isds. “È una soluzione di compromesso, ma se non voteranno neanche questa vorrà dire che vogliono fare un processo alle intenzioni, e non sarebbe accettabile”, spiega ancora Panzeri.
Tra i socialisti c’è però chi, come la britannica Jude Kirton-Darling, insieme a Verdi, Sinistra Unita Gue e Movimento 5 Stelle, spinge per un emendamento più radicale in cui si affermi a chiare lettere che bisogna “opporsi all’inclusione del meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (Isds) nel Ttip, giacché sono disponibili altre opzioni per l’applicazione della tutela degli investimenti, come ad esempio le vie di ricorso nazionali”. Ovvero nessun tribunale terzo. I popolari, da parte loro, hanno proposto una versione ancora più ‘soft’, in cui si afferma che per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stato serve un organismo che “a differenza del vecchio sistema di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato (ISDS), sia soggetto ai principi e al controllo democratici”. Quale dei tre verrà approvato lo sapremo solo mercoledì, giorno della votazione in Plenaria.