di Giuseppe Masala
Twitter: @giuseppe_masala) / Blog: zeroconsensus.wordpress.com
La tesi secondo la quale “Putin è la Russia”, appalesatasi al convegno – a porte chiuse – tenutosi alla Farnesina e vertente sui rapporti tra Occidente e Russia è, a mio umile avviso, totalmente errata e fuorviante. Essendo la questione di estrema e drammatica importanza ritengo importante esprimere succintamente una tesi diversa.
Se è sicuramente vero che durante l’esperienza sovietica il livello di democrazia (o se preferite di “divisione del potere”) era più elevata è senza dubbio un errore considerare l’epoca Putin come un’autocrazia se non addirittura una dittatura.
Putin è arrivato al potere – con l’appoggio dei cosiddetti siloviki ovvero dell’apparato del KGB – nel momento più nero dell’epoca post sovietica, quando Mosca era in balia di bande di oligarchi senza scrupoli che – ad occidente – si schermavano dietro un paravento di “liberalismo” per celare il modo gangsteristico con il quale intendevano il capitalismo.
Putin ha riportato all’interno la stabilità e lo stato di diritto ed inoltre si è contraddistinto per aver impostato la propria politica estera sul principio di prevedibilità, ovvero una politica razionale e di moderata apertura verso l’Occidente. Questo modus operandi aveva il pregio di tranquillizzare quell’Occidente da sempre inquieto verso il colosso euroasiatico: a Washington, a Londra e a Berlino tutti sapevano che l’Orso era nella sua tana.
I deprecabili fatti di Kiev del 2014 che – inutile negarlo – hanno abbattuto illegittimamente il governo democraticamente eletto di Yanukovic hanno cambiato le cose. I rapporti tra Russia e Occidente si sono raffreddati a tal punto da portare molti commentatori a parlare di nuova “guerra fredda”.
A tale proposito è da notare che è proprio ieri il governo russo ha vietato il transito del materiale necessario alle truppe NATO di stanza in Afganistan. La notizia è di rilevante importanza non tanto dal punto di vista militare (probabilmente gli strateghi della NATO hanno già pronte rotte alternative di approvvigionamento) ma dal punto di vista diplomatico: per la prima volta la Russia non si limita a rispondere alle mosse degli occidentali ma passa all’attacco lasciando all’avversario l’onere dell’eventuale risposta. In altri termini per la prima volta Putin deroga al principio di prevedibilità, che da sempre ha contraddistinto la sua politica estera, implementando una mossa inattesa.
Ritornando al tema principale: Putin è la Russia? Io ritengo di no: Putin è stato per anni il primus inter pares tra le due principali anime della dirigenza Russia: quella filo occidentale e quella autarchica ed indipendentista. I fatti di Kiev hanno dato a Putin un enorme consenso di popolo perché dopo il “decennio delle umiliazioni” i russi hanno visto un capo che ha saputo dire basta alle mosse dell’Occidente (viste come dei soprusi). Questo non vuol dire però che Putin sia la Russia e che eliminando lui sia risolto il “problema” Russia. Vladimir Vladimirovic ha – da un lato – dalla sua parte tutto il partito degli “indipendentisti” (in buona parte coincidente con quello dei siloviki) e dall’altro lato la stragrande maggioranza del popolo russo che non intende tornare all’incubo “liberale” degli anni novanta.
A tale proposito è proprio di questi giorni una notizia che chiarisce il livello di mobilitazione dei russi. La Alfa Bank ha fatto causa alla Uralvagonzavod (l’azienda produttrice del nuovo tank T-14 Armata) per il recupero di un credito di 523,5 milioni di rubli; questo semplice fatto, del tutto normale in un economia di mercato, è stato visto come un vero e proprio sabotaggio della produzione del T-14 e dunque come un tradimento. Addirittura sono stati innumerevoli i casi di persone che si sono precipitate a chiudere il conto presso la Alfa Bank come forma di protesta. In un simile contesto è difficile credere alla tesi che Putin sia la Russia, semmai rappresenta lo spirito della Russia e i sentimenti profondi del suo popolo.
Analizzando il contesto sociale è dunque evidente come una qualsiasi mossa tesa a disarcionare l’attuale presidente sia non solo velleitaria ma anche controproducente. Probabilmente un simile tentativo porterebbe ad una vera e propria rivolta del popolo russo con la possibile ascesa di uomini ancora più intransigenti (a tale proposito sottolineo l’ascesa di Sergeij Borisovic Ivanov, ormai ombra di Vladimir Putin).