Bruxelles – Dietro all’apparenza di una tregua che fino ad ora era stata definita come “sostanzialmente” rispettata, scontri più o meno sporadici non sono mai davvero cessati. Ora, però, torna la guerra aperta nell’Est dell’Ucraina: soltanto ieri, stando ai bilanci stilati dalle autorità ucraine e dai ribelli, almeno 32 persone hanno perso la vita in nuovi scontri tra l’esercito di Kiev e i ribelli separatisti e oggi, Andriy Lysenko, portavoce militare ucraino, ha riferito che 80 ribelli filorussi sono stati uccisi e altri 100 sono rimasti feriti, mentre stavano cercando di prendere d’assalto la città di Marinka. Ad essere uccisi, nel corso dell’attacco alla città a 30 chilometri a sudovest della roccaforte ribelle di Donetsk, sono stati anche cinque militari ucraini.
Ma a preoccupare ci sono anche nuovi spostamenti dell’artiglieria pesante: secondo gli osservatori dell’Osce i separatisti filorussi sarebbero tornati a posizionare i loro mezzi verso la linea del fronte prima degli scontri delle ultime ore. Martedì sera, scrivono gli osservatori in un comunicato, una decina di carri armati ed altri veicoli blindati sono stati visti muoversi dalla città di Donetsk prima che a Marinka, città sotto il controllo del governo, scoppiassero i combattimenti. Il cessate il fuoco sottoscritto a febbraio nell’ambito degli accordi di Minsk 2 vieta l’artiglieria pesante nel raggio di 50 chilometri della cosiddetta “linea di contatto”. In risposta, l’esercito ucraino ha informato l’Osce che sposterà l’artiglieria pesante verso la linea di contatto per affrontare la “minaccia reale” posta dagli scontri a Marinka.
Quella di ieri “costituisce la più seria violazione del cessate il fuoco” da quanto sono stati sottoscritti gli accordi di Minsk a febbraio, sottolinea la Commissione europea secondo cui “questa escalation, seguita dal movimento di un grande numero di mezzi pesanti verso la linea di contatto da parte dei separatisti” denunciata dall’Osce, “rischia di scatenare una nuova spirale di violenza e di sofferenza umana”. Il cessate il fuoco, torna a ricordare un portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini “deve essere pienamente rispettato e tutte le armi pesanti devono essere ritirate e tenute in siti di stoccaggio aperti a regolari verifiche da parte degli osservatori Osce”. L’attuazione degli accordi di Minsk, sottolinea l’esecutivo comunitario, “può avere successo solo sulla base di questo cessate il fuoco”.
Tra le parti intanto è scambio di accuse sulla responsabilità di quanto accaduto. Per il presidente ucraino, Petro Poroshenko c’è il rischio di una nuova offensiva “su larga scala” da parte dei separatisti e “permane all’indomani degli aspri scontri di ieri nel Donbass, la minaccia colossale di una ripresa delle azioni militari su vasta scala da parte dei gruppi russo-terroristici”. Secondo il presidente ucraino in questo momento nell’Est del Paese c’è anche una forte presenza di soldati russi: “Adesso in territorio ucraino – ha dichiarato il capo di Stato – si trovano 14 gruppi tattici russi per un totale di oltre 9.000 persone. La concentrazione delle truppe russe vicino alla frontiera statale è di 1,5 volte superiore a quella registrata un anno fa”.
Se la situazione è tornata a degenerare è colpa dei “tentativi” di Kiev “di destabilizzare la situazione e creare tensioni”, ribatte dal canto suo il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov. Un tentativo tanto più importante, sostiene Mosca, a pochi giorni dal Consiglio europeo di giugno che deciderà se rinnovare le sanzioni dell’Ue nei confronti della Russia: “Anche prima, in vista di importanti eventi internazionali – fa notare Peskov – la parte ucraina ha compiuto più di una volta azioni di questo genere”.